“Il bullismo non è una malattia da curare a scuola ma un dolore da prevenire in famiglia, non dimenticando che quando i genitori ce la mettono tutta hanno anche diritto di sbagliare”. Ne è convinto Federico Tonioni, responsabile dell’Area delle dipendenze del Policlinico universitario A. Gemelli Irccs e docente di psichiatria all’Università Cattolica. Alla vigilia della Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, l’esperto riflette sulle radici del fenomeno spiegando che se tutti ci siamo talvolta sentiti esclusi o addirittura aggrediti, “il bullismo pericoloso, quello che genera un dolore che non si può tollerare non è un aggressione subita, ma una vera esperienza persecutoria”. Alcuni bambini e adolescenti reagiscono, altri razionalizzano e trattengono la rabbia, altri ancora “si sentono andare in pezzi e cominciano a evitare le relazioni con gli altri”. È qui, avverte, “che dobbiamo preoccuparci” poiché “una vittima sente il suo destino segnato prima ancora di incontrare i suoi persecutori, ma non esprime questo disagio perché la stima che ha di sé è così bassa da pensare di non avere un’intimità degna di essere condivisa. Nessun bambino nasce così, ma qualcuno diventa così”. Il bullismo, spiega lo psichiatra, “nasce in famiglia, nella complessità delle relazioni e degli affetti, e si manifesta a scuola nel confronto con i coetanei. Bulliziamo i nostri figli in tanti modi, quasi sempre inconsapevolmente”, quando “non abbiamo tempo per loro ma lo neghiamo a noi stessi, quando sono deluse le nostre aspettative e ci sentiamo traditi”, quando “diamo una regola per vincere su di loro e li riduciamo all’obbedienza”. Un bambino che obbedisce “accumula rabbia e si sente annullato, un bambino che invece partecipa a una trattativa, si sente competente, impara a tollerare le frustrazioni” e “acquisisce il senso del limite e i confini della sua identità”. Il segreto è “mettersi nei suoi panni”. “I bambini sani studiano senza fare troppa fatica e smettono di fare uno sport se non si divertono più. Sono bambini che non si sentono in colpa quando non sono come dovrebbero essere, che riescono a dire una bugia e che ogni tanto – conclude Tonioni – non dicono grazie”.