“Bisogna essere qualcosa nella vita, essere qualcuno… Bisogna farsi un nome… È da questo che nasce la solitudine e l’infelicità”. Ne è convinto il Papa, che ha dedicato l’udienza di oggi alla prima delle otto Beatitudini del Vangelo di Matteo: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli”. “Se io devo essere ‘qualcuno’, sono in competizione con gli altri e vivo nella preoccupazione ossessiva per il mio ego”, ha fatto notare Francesco: “Se non accetto di essere povero, prendo in odio tutto ciò che mi ricorda la mia fragilità”. “Perché questa fragilità impedisce che io divenga una persona importante, un ricco”, ha aggiunto a braccio: “Non solo di denaro, di fama, di tutto”. L’”annuncio paradossale” della prima Beatitudine, per il Papa, è “una strada sorprendente e ha uno strano oggetto di beatitudine: la povertà”. “Che cosa si intende qui con ‘poveri’?”, si è chiesto Francesco: “Se Matteo usasse solo questa parola, allora il significato sarebbe semplicemente economico, cioè indicherebbe le persone che hanno pochi o nessun mezzo di sostentamento e necessitano dell’aiuto degli altri”. Ma il Vangelo di Matteo, a differenza di Luca, parla di “poveri in spirito”. “Lo spirito, secondo la Bibbia, è il soffio della vita che Dio ha comunicato ad Adamo”, ha ricordato il Papa: “È la nostra dimensione più intima, diciamo la dimensione spirituale, quella che ci rende persone umane, il nucleo profondo del nostro essere”. “Allora i ‘poveri in spirito’ sono coloro che sono e si sentono poveri, mendicanti, nell’intimo del loro essere”, ha proseguito Francesco: “Gesù li proclama beati, perché ad essi appartiene il Regno dei cieli. Quante volte ci è stato detto il contrario! Bisogna essere qualcosa nella vita, essere qualcuno… Bisogna farsi un nome… È da questo che nasce la solitudine e l’infelicità”.