“Non siamo condannati all’iniquità universale”. Lo ha ribadito il Papa, nel discorso, in spagnolo, rivolto ai partecipanti al workshop sul tema “Nuove forme di fraternità solidale, di inclusione, integrazione e innovazione”, organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. “Costruire ponti che favoriscano lo sviluppo in una prospettiva solidale tra le banche, la finanza, i governi e i decisori economici”, l’invito iniziale, insieme ai dati della povertà nel mondo: “Cento milioni di persone vivono in povertà estrema per carenza di alimenti, di assistenza medica, scuole, elettricità, acqua potabile. Cinque milioni di bambini sotto i cinque anni moriranno a causa della povertà. Circa 260 milioni di persone mancheranno di istruzione per mancanza di risorse e a causa delle guerre e delle migrazioni”. Senza contare “le milioni di persone vittime della tratta e delle nuove forme di schiavitù, come il lavoro forzato, la prostituzione e il traffico di organi”. “Un mondo ricco e un’economia vivace devono porre fine alla povertà”, la tesi di Francesco, secondo il quale è possibile “generare e stimolare dinamiche capaci di includere, alimentare, curare e vestire gli ultimi della società invece di escluderli”. “Dobbiamo scegliere a cosa dare la priorità”, la proposta del Papa: “Se favorire meccanismi socio-economici umanizzanti per tutta la società oppure, al contrario, fomentare un sistema che finisce per giustificare determinate pratiche il cui unico scopo è quello di aumentare il livello di ingiustizia e di violenza sociale”. “Il livello di ricchezza e di tecnica accumulato dall’umanità, così come l’importanza e il valore che hanno acquisito i diritti umani, non ci permette scuse”, il monito di Francesco: “Dobbiamo essere coscienti che siamo tutti responsabili”.