“Il racconto biblico ci regala uno stile per il giornalismo: quello di raccontare per conoscere, quello di raccontare per fissare nella memoria. Superficialità nella narrazione, povertà di riferimenti, incompletezza, un linguaggio che impressiona solo non aiutano a fissare in memoria, non aiutano la verità”. Lo ha detto mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, oggi nella messa per i giornalisti e gli operatori della comunicazione. “Raccontare e fissare in memoria chiede di raccontare anche ‘il male di vivere’, la ‘cronaca nera’ per leggere, però, dentro i fatti – anche di morte, di violenza – le cause, i diversi effetti, il bene, il territorio: una notizia decontestualizzata è sempre ideologica e quindi dannosa”, ha avvertito l’arcivescovo. “Raccontare e fissare in memoria significa anche andare oltre la notizia-spettacolo, che impressiona al momento, per aiutare a leggere, invece, la bellezza della vita, la ricchezza delle risorse, le capacità nuove”, ha osservato mons. Perego. Diversamente “le notizie negative alimentano l’occhio per occhio, la vendetta, l’odio, il male per il male. ‘I telai della comunicazione’ – bella immagine di Papa Francesco – devono cucire insieme i fatti in modo rispettoso della verità, ma anche per costruire un tappeto dove non scivolare ancora sui luoghi comuni, ma rispettare la dignità delle persone, i cammini non facili, la legalità e la giustizia”.
Oggi, ha concluso, “la comunicazione estesa, immediata, continua – penso a quella dei social – rovina o talora condiziona il racconto comunicativo quotidiano, facendo in realtà perdere attualità, profondità, verità. Dobbiamo servire una ‘narrazione umana’ – scrive ancora il Papa – non dimenticando che il racconto giornalistico può essere ‘performativo’, cioè non solo confermare il lettore, ma anche conformarlo a un modello di pensiero, a uno stile di vita”.