“È stata davvero una brutta avventura, ho vissuto attimi di paura, finora mi era capitato di ricevere minacce velate, mai avevo assistito a un’aggressione fisica, che ha riguardato il mio confratello, ma alla mia presenza. In ogni caso, questa è la nostra missione e continueremo a operare come abbiamo sempre fatto, sentendo anche l’appoggio della diocesi e del nostro Istituto”. Lo dice al Sir padre Sisto Magro, missionario del Pime originario di Treviso, attivo nella pastorale della terra, raccontando del grave episodio accaduto martedì scorso nella diocesi brasiliana di di Macapá, nello Stato brasiliano dell’Amapá, nel nord del Paese, e del quale si è venuti a conoscenza nelle ultime ore.
A essere aggredito da un fazendero (proprietario terriero) è stato il missionario statunitense padre Dennis Koltz. Mentre cercava di fotografare il cartello relativo alle licenze per la coltivazione della terra di un possedimento, è stato assalito e picchiato. L’imprenditore agricolo ha successivamente cercato di speronare l’auto nella quale si trovava padre Sisto, distruggendo la fiancata destra.
“A essere aggredito fisicamente – conferma il missionario trevigiano – è stato solo il mio confratello, entrambi poi siamo stati denunciati dal fazendero nei giorni successivi. Egli sostiene che siamo stati noi ad aggredirlo e lui si è soltanto difeso. Io penso che si sia comportato così perché stavamo fotografando il cartello nel quale era scritto con chiarezza che la sua licenza è scaduta”.
Un episodio che, secondo il missionario, conferma il clima di violenza che si vive in molte zone del Brasile: “La violenza c’era anche prima, ma le cose sono peggiorate con l’arrivo alla presidenza di Bolsonaro, secondo il quale i proprietari terrieri hanno il diritto di sparare contro chi entra nelle loro proprietà”. Che le terre siano davvero “loro”, in realtà, è tutto da vedere, come viene confermato da questo episodio. “Il fazendero che ci ha aggredito – prosegue padre Sisto Magro – viene dal Sud del Paese, come molti latifondisti. È arrivato qui tre anni fa, si è sistemato a 100 chilometri da Macapá, ha recintato un pezzo di terra e ha detto; ‘Qui non entra più nessuno’. Lì c’è un ruscello dove la popolazione locale andava a pescare, c’erano degli alberi da frutto. Si è preso dalla sera alla mattina 700 ettari di terra e ci ha piantato solo soia, come accade nella maggioranza di questi casi. Poi ha ottenuto una licenza, che però gli è scaduta. Noi a volte andiamo a fotografare i cartelli perché è l’unico modo che abbiamo per poter capire i termini delle licenze e per poter ricevere risposte”.
Nel frattempo anche due missionari hanno presentato denuncia, “alla Polizia, al Pubblico ministero statale e al Pubblico ministero federale”, conclude padre Sisto.