In una dichiarazione intitolata “Di fronte all’aborto come politica pubblica”, le facoltà di Giurisprudenza delle Università cattoliche in Argentina hanno criticato, attraverso un documento firmato da numerosi docenti, la decisione del Governo di considerare l’aborto un preteso diritto garantito dallo Stato, in pratica una politica pubblica.
I firmatari, di fronte a tale situazione, considerano un dovere “offrire una risposta legale sull’importanza del diritto alla vita e sulla sua protezione costituzionale fin dal concepimento, nell’ambito della legislazione argentina”.
Prosegue la nota: “Il fatto di annunciare, allo stesso tempo, misure per la protezione della madre e del bambino fin dal concepimento rivela una flagrante contraddizione e non legittima la seria decisione di promuovere l’aborto come oggetto di politica di salute pubblica. Secondo la Costituzione, in realtà, tale protezione integrale della madre e del nascituro dovrebbe essere l’unico obiettivo di qualsiasi politica pubblica in questo campo”.
Secondo i giuristi cattolici, il protocollo, approvato attraverso la Risoluzione 1/20 del Ministero della Salute, ha come conseguenza “una legalizzazione virtuale dell’aborto su richiesta” e in tal modo il Governo “assume i poteri esclusivi del Congresso”, introducendo attraverso un semplice atto amministrativo l’aborto libero (non è richiesta infatti alcuna circostanza particolare per ottenerlo) e senza limiti di durata durante la gravidanza.
“Tutto ciò – si legge ancora nella nota – nonostante il no dello stesso Congresso nazionale, il 9 agosto 2018, all’interruzione di gravidanza, che ora viene imposta per mezzo di una norma amministrativa, risultando quindi doppiamente incostituzionale”, con l’obiettivo di trasformare “un crimine in un diritto e di garantirne l’esercizio da parte dello Stato”. I giuristi firmatari chiedono invece “un dibattito più serio e profondo”, rispetto al quale mettono a disposizione la loro competenza.