Per i sacerdoti, “il dramma è l’isolamento, che è altra cosa rispetto alla solitudine. Un isolamento non solo e non tanto esteriore – siamo sempre in mezzo alla gente – quanto inerente all’anima del prete”. Ne è convinto il Papa, che nel discorso preparato per il tradizionale incontro quaresimale con il clero romano, letto dal cardinale vicario Angelo De Donatis, fa notare che i preti possono sentirsi “isolati rispetto alla grazia”, con conseguenti “razionalismo o sentimentalismi”; “isolati rispetto alla storia”, per cui “tutto pare consumarsi nel qui e ora, senza speranza nei beni promessi e nella ricompensa futura”: “isolati rispetto agli altri”, con la conseguente “incapacità tra di noi di instaurare relazioni significative di fiducia e di condivisione evangelica”. Tutto ciò, scrive Francesco analizzando le cause delle amarezze dei preti, porta i preti a pensare che “ogni cosa si apre e chiude con noi. La mia morte non è il passaggio del testimone, ma una interruzione ingiusta. Più ci si sente speciali, potenti, ricchi di doni, più si chiude il cuore al senso continuo della storia del popolo di Dio a cui si appartiene. La nostra coscienza individualizzata ci fa credere che nulla ci sia stato prima e nulla dopo”. “Per questo facciamo tanta fatica a prenderci cura e custodire quello che il nostro predecessore ha iniziato di buono”, sostiene il Papa: “Sovente arriviamo in parrocchia e ci sentiamo in dovere di fare tabula rasa, pur di distinguerci e marcare la differenza. Non siamo capaci di continuare a far vivere il bene che non abbiamo partorito noi! Iniziamo da zero perché non sentiamo il gusto di appartenere ad un cammino comunitario di salvezza”.
“Se sono isolato, i miei problemi sembrano unici e insormontabili: nessuno può capirmi”, l’altra fonte di amarezza. “Questo è uno dei pensieri preferiti dal padre della menzogna”, osserva Francesco citando Bernanos. Pensiero, questo, “che a poco a poco prende corpo e ci chiude in noi stessi, ci allontana dagli altri e ci mette in posizione di superiorità. Perché nessuno sarebbe all’altezza delle esigenze. Pensiero che a forza di ripetersi finisce per annidarsi in noi”. “Il demonio non vuole che tu parli, che tu racconti, che tu condivida”, spiega il Papa: “E allora tu cerca un buon padre spirituale, un anziano ‘furbo’ che possa accompagnarti”, il consiglio. “Mai isolarsi, mai!”, l’imperativo: “Il sentimento profondo della comunione si ha solamente quando, personalmente, prendo coscienza del ‘noi’ che sono, sono stato e sarò. Altrimenti, gli altri problemi vengono a cascata: dall’isolamento, da una comunità senza comunione, nasce la competizione e non certo la cooperazione; spunta il desiderio di riconoscimenti e non la gioia di una santità condivisa; si entra in relazione o per paragonarsi o per spalleggiarsi”.