Al via la 14ª edizione della Clericus Cup, il mondiale della Chiesa promosso dal Centro sportivo italiano con il patrocinio dell’Ufficio nazionale del tempo libero, turismo e sport della Cei, del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita e del Pontificio Consiglio della cultura. Sedici squadre di sacerdoti e seminaristi di tutto il mondo, suddivise in quattro gironi, che scenderanno in campo da sabato 7 marzo a sabato 30 maggio. Questa mattina il mundialito, il cui slogan è “Pray and play”, è stato presentato a Roma, presso il Centro sportivo Pio XI. Prima della conferenza stampa, don Alessio Albertini, assistente ecclesiastico nazionale del Csi, ha celebrato la messa presso la Cappella dei Cavalieri di Colombo che quest’anno supportano l’iniziativa, perché, ha spiegato ai giornalisti, “compito primario di ogni prete è regalare l’Eucaristia e quindi Gesù: la pastorale giovanile deve sapersi farsi vicina ai giovani reali che abitano anche il mondo dello sport”.
Inoltre, ha aggiunto con riferimento allo slogan del torneo, “dobbiamo essere noi i primi a dare l’esempio con la preghiera”. Nel richiamare l’immagine che fece il giro del mondo di Fidel Escobar, difensore di Panama, e Romelu Lukaku, attaccante del Belgio, inginocchiati in preghiera a conclusione del finale Panama-Belgio nel giugno 2018, Albertini ha osservato che “c’è sempre il rischio di associare la preghiera ad una forma di superstizione ma occorre intenderla in modo più profondo. La grandezza di uno sport come il calcio è rischiare di vincere ma anche di perdere: la vita è sempre un rischio. Sta a te – ha detto ai calciatori presenti – decidere se giocarla fino in fondo con tutte le tue forze confidando che in qualcuno che ti possa accompagnare. Dove c’è un rischio c’è sempre Dio: sappi giocare la partita dando il meglio di te stesso e mettiti sempre nelle sue mani. Non ti farà né vincere né perdere ma ti darà la forza necessaria per giocare la partita e anche quella più importante: quella della vita”.