“Non ci può essere chiesa di alto valore storico-artistico che possa essere destinata ad altro uso”. Lo ha detto mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, intervenendo questa sera, alla Pontificia Università Gregoriana, alla presentazione del volume “Dio non abita più qui? Dismissione dei luoghi di culto e gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici”. “In Italia – ha reso noto Russo – sono 65mila le chiese di proprietà ecclesiastica e 30mila gli edifici di culto censiti dalle diocesi”. Di questo patrimonio, “sono circa il 3% i beni dismessi, ma destinati comunque ad usi pastorali legati alla vita della comunità, come sale parrocchiali o aule per il catechismo”. Dal 1996 ad oggi, sono stati inventariati e catalogati oltre 4 milioni di beni mobili, grazie al lavoro fatto dalle diocesi e all’Intesa siglata dall’Ufficio Cei per i beni culturali ecclesiastici con il Ministero per i beni e le attività culturali, poi rinnovata il 26 gennaio 2005. “Non parliamo soltanto di pietre o di edifici, ma di luoghi strettamente connessi con le comunità che li hanno generati e che ancora oggi li vivono”, ha precisato il segretario generale della Cei, ricordando che i beni culturali ecclesiastici “sono un patrimonio anche della comunità civile, di persone che non necessariamente hanno una vita attiva nella Chiesa”. Si tratta, quindi, di “un patrimonio non solo della Chiesa, ma di tutti”: basti pensare soltanto agli oltre 10mila interventi di restauro realizzati, dal 1996 ad oggi, grazie ai fondi dell’otto per mille. Altro impegno della Chiesa italiana, quello a favore dei Musei diocesani, “come luogo di incontro tra le persone e per le persone” dove trovano posto anche quei beni prima ospitati nelle chiese che sono state dismesse, e che “nei Musei diocesani trovano nuova vita, pur essendo stati staccati dal loro luogo vitale”. “La chiesa, pur essendo dismessa, non è mai un museo”, ha concluso Russo: “È un bene creato per la comunità cristiana che si ritrova lì nei momenti importanti, e continua a farlo anche quando non è più utilizzata per il culto”. Un esempio per tutti: i luoghi colpiti dal recente terremoto del Centro Italia. “Le persone si sono ritrovate senza casa – ha raccontato Russo riferendo della sua esperienza nelle Marche – ma chiedono la riapertura delle chiese. Un segno di quanto sia profondo il loro legame con i luoghi di culto”.