“In questo momento dobbiamo rimanere uniti e fiduciosi nella provvidenza di Dio e nell’operato del sistema sanitario nazionale”. È la riflessione di mons. Rocco Pennacchio, arcivescovo di Fermo, contenuta all’interno della lettera che risponde alle richieste di parroci e fedeli dell’Arcidiocesi in riferimento alla diffusione, anche in Italia, del contagio da Covid-19. “Ho maturato le seguenti riflessioni insieme a quanti condividono la responsabilità pastorale del nostro popolo – interviene l’arcivescovo – . In assenza di provvedimenti e/o indicazioni da parte delle istituzioni civili, è possibile applicare misure ‘minime’ di igiene, già adottate in passato in analoghe occasioni”. Nel documento vengono elencate le possibili misure: “Rimuovere l’acqua benedetta dalle acquasantiere, sospendere lo scambio della pace durante le celebrazioni (peraltro non obbligatorio nelle messe feriali), distribuire e ricevere la Santa Eucarestia esclusivamente sulle mani, astenersi dal frequentare la messa in parrocchia in caso di salute precaria, partecipando ai riti trasmessi alla radio o in tv”. Mons. Pennacchio prosegue affermando che “l’applicazione di tali misure è riservata al prudente discernimento dei parroci e delle comunità religiose. Cogliamo l’imminenza della Quaresima per vivere il digiuno, accettando serenamente le necessarie limitazioni che tale situazione comporta e evitando parole inutili o superflue; per vivere la carità come solidarietà, incoraggiamento e stima verso quanti stanno instancabilmente operando nel campo sanitario per alleviare le sofferenze delle persone colpite; soprattutto rafforzando la preghiera per i sofferenti, i morti a causa del virus Covid-19 e le loro famiglie”. La riflessione si conclude con un monito: “Ci dissociamo, perciò, da quanti alimentano un clima di paura con atteggiamenti discriminatori verso fratelli e sorelle sospettati di essere ‘untori’. Assicuro tutta la nostra solidarietà con il popolo cinese innanzitutto e, in generale, con quanti, a causa delle farneticazioni di alcuni, patiscono ulteriori sofferenze. Anche per questo motivo non sono per nulla condivisibili messaggi attribuibili a gruppi e personalità che si dicono animati dalla fede cristiana e che collegano il contagio ad una punizione divina e la ragione della sua diffusone alla mancanza di preghiera corale della Chiesa: tali semplificazioni non sono accettabili. La comunità cristiana conferma la sua disponibilità a collaborare con tutte le istituzioni nell’adottare ulteriori misure che, eventualmente, in futuro si ritenessero necessarie per tutelare la salute pubblica”.