“L’Intelligenza artificiale è una delle tecnologie abilitanti che caratterizzano la quarta rivoluzione industriale, ma la sua influenza andrà ben oltre il mondo della produzione di beni e della offerta di servizi, perché avrà un impatto sociale e culturale dirompente attraverso la pervasività con cui entrerà nel nostro futuro mutando il nostro rapporto con la società”. Ne è convinta Maria Chiara Carrozza, ordinario di Bioingegneria industriale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, intervenuta oggi alla presentazione del workshop e della assemblea della Pontificia Accademia per la Vita, in programma in Vaticano, dal 26 al 28 febbraio, sul tema: “The ‘good’ Alghoritm? Artificial Intelligence: Ethics, Law, health”. “La comprensione del fenomeno legato alla diffusione dell’IA diviene fondamentale affinché si possa governare il cambiamento ad essa connesso ed orientarlo verso il bene comune, in uno scenario di riferimento geopolitico e istituzionale profondamente intrecciato con lo sviluppo ed il ‘possesso’ delle diverse tecnologie”, ha proseguito l’esperta, secondo la quale “uno degli ambiti di riferimento a maggior impatto per lo sviluppo dell’IA è senza dubbio la medicina a partire dalla cosiddetta ‘trasformazione digitale’ incentrata sull’utilizzo dei dati disponibili attraverso opportune infrastrutture”. “Le possibilità di ottenere dati stanno aumentando in maniera esponenziale grazie all’utilizzo di svariate tecnologie nel mondo della ‘Internet Of Things’”, ha fatto notare Carrozza. Un esempio per tutti, le “numerosissime possibilità di impiegare algoritmi di IA nella medicina: dalla sperimentazione e ricerca traslazionale, alla medicina personalizzata, dalla diagnostica al rapporto medico-paziente, dalla tele-assistenza e tele-riabilitazione alla chirurgia robotica, dal virtual coaching alla predictive medicine, dal supporto fino al potenziamento funzionale del paziente mediante robotica e sensori indossabili o impiantabili nel corpo umano”. “I dati rappresentano il flusso di carburante mediante il quale l’IA può consentire analisi e decisioni sempre più efficaci anche in clinica, ma è compito delle istituzioni garantire ai cittadini che i processi siano comunque fondati su metodologie basate sull’evidenza scientifica e sul rispetto dei principi etici”, ha concluso la relatrice.