(da Bari) “Il Mediterraneo rimane una zona strategica, il cui equilibrio riflette i suoi effetti anche sulle altre parti del mondo”. Ne è convinto il Papa, che nel discorso rivolto ai vescovi, a conclusione dell’incontro “Mediterraneo frontiera di pace”, promosso dalla Chiesa italiana a Bari, ha affermato che “ai nostri giorni, l’importanza di tale area non è diminuita in seguito alle dinamiche determinate dalla globalizzazione; al contrario, quest’ultima ha accentuato il ruolo del Mediterraneo, quale crocevia di interessi e vicende significative dal punto di vista sociale, politico, religioso ed economico”. “Si può dire che le sue dimensioni siano inversamente proporzionali alla sua grandezza, la quale porta a paragonarlo, più che a un oceano, a un lago”, l’immagine scelta da Francesco e mutuata da Giorgio La Pira: “Definendolo ‘il grande lago di Tiberiade’, egli suggerì un’analogia tra il tempo di Gesù e il nostro, tra l’ambiente in cui Lui si muoveva e quello in cui vivono i popoli che oggi lo abitano”. “E come Gesù operò in un contesto eterogeneo di culture e credenze, così noi ci collochiamo in un quadro poliedrico e multiforme, lacerato da divisioni e diseguaglianze, che ne aumentano l’instabilità”, il grido d’allarme del Papa: “In questo epicentro di profonde linee di rottura e di conflitti economici, religiosi, confessionali e politici, siamo chiamati a offrire la nostra testimonianza di unità e di pace. Lo facciamo a partire dalla nostra fede e dall’appartenenza alla Chiesa, chiedendoci quale sia il contributo che, come discepoli del Signore, possiamo offrire a tutti gli uomini e le donne dell’area mediterranea”. Tra le componenti più importanti nella trasmissione della fede, tipica del “patrimonio” del Mediterraneo, Francesco ha citato la pietà popolare, definita “espressione di fede semplice e genuina”, e il tesoro artistico, “che unisce i contenuti della fede alla ricchezza delle culture, alla bellezza delle opere d’arte. È un patrimonio che attrae continuamente milioni di visitatori da tutto il mondo e che va custodito con cura, quale preziosa eredità ricevuta ‘in prestito’ e da consegnare alle generazioni future”. A proposito di pietà popolare, il Papa ha citato a braccio “quel gioiello che è il n. 48 dell’Evangelii nuntiandi di Paolo VI, che cambia il nome da ‘religiosità’ a ‘pietà’, dove ci sono ricchezze ma anche mancanze. Questo numero deve essere la guida del nostro cammino”.