“L’aspetto più importante del nuovo documento sull’ospedale di comunità messo a punto da ministero della Salute e Regioni è che la gestione e l’attività sono basate su un approccio multidisciplinare, multiprofessionale e interprofessionale, in cui sono assicurate collaborazione e integrazione delle competenze”, afferma Barbara Mangiacavalli, presidente della Fnopi (Federazione ordini professionali degli infermieri), commentando con favore l’odierna l’intesa Stato-Regioni sull’ospedale di comunità, anello di congiunzione tra ospedale per acuti e territorio, previsto già dal regolamento sugli standard ospedalieri, dal Patto per la salute 2014-2016 e dal Piano nazionale della cronicità, ma non ancora attuato. Per Mangiacavalli, “assieme all’infermiere di famiglia/comunità previsto e ufficialmente istituito nel Patto per la salute 2019-2021, l’ospedale di comunità è la chiave del buon funzionamento del nuovo modello di assistenza che deve tenere in considerazione il peso sempre maggiore delle cronicità e, di conseguenza, la possibile necessità di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio”, ma realizzati in queste strutture in mancanza di idoneità del domicilio quando è richiesta un’assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, che non può essere garantita a casa del paziente. La responsabilità clinica è in capo ad un medico di medicina generale ma si tratta, conclude la presidente Fnopi, di “un modello a prevalente gestione infermieristica che se applicato sul territorio anche per altri meccanismi assistenziali (come ad esempio l’infermiere di famiglia e di comunità) non solo rende più immediata la risposta ai bisogni di salute dei pazienti, ma è in grado anche di essere finalmente filtro e meccanismo di continuità tra territorio e ospedale che consentono cure sempre appropriate e accorciano sensibilmente anche le liste di attesa”.