Diocesi: Treviso, lettera di solidarietà di 150 ex alunni ai formatori accusati di presunti abusi in Seminario

“Le cronache di questi giorni provocano in noi ex-alunni del Seminario di Treviso un grande dolore. L’esperienza formativa che noi abbiamo vissuto nel Seminario diocesano, a stretto contatto con gli stessi educatori di cui si parla, è stata caratterizzata da profondo rispetto: ci sentiamo pertanto in dovere di testimoniare che esiste un’altra storia”. È quanto si legge in una lettera firmata da quasi 150 persone tra sacerdoti diocesani e laici che sono stati in Seminario negli anni in cui erano educatori don Livio Buso e don Paolo Carnio, diffusa dalla diocesi di Treviso. Nei giorni scorsi, sono emerse accuse di presunti abusi che sarebbero avvenuti circa 30 anni fa nel Seminario vescovile di Treviso. Riferendo che “alcuni tra di noi hanno vissuto in Seminario insieme alla persona che ora, inspiegabilmente, sta lanciando gravi accuse contro educatori di indiscussa integrità morale ed alto profilo spirituale”, i firmatari della “missiva-testimonianza”, si dicono “grati alla loro persona” per “il ministero che hanno svolto durante molti anni a favore nostro e di tanti altri giovani”. “Ci hanno aiutato a discernere la nostra vocazione, nel pieno rispetto della libertà di ciascuno, tanto da consegnare a tutti le chiavi per entrare e uscire dal Seminario”. Nel testo della lettera, il ricordo nella Comunità Vocazionale di “uno stile molto familiare, sia per i tanti momenti comunitari che per la disposizione degli spazi”. “Qualunque strana situazione difficilmente sarebbe potuta rimanere nascosta. Abbiamo vissuto in un ambiente sereno dove c’era fiducia tra di noi e verso gli educatori; comprendevamo, anche senza dircelo, quali erano le normali difficoltà che ciascuno stava vivendo nel suo cammino vocazionale”. “Sentiamo dunque di poter interpretare il pensiero di molti nell’esprimere a don Paolo e a don Livio tutta la nostra stima e fiducia; siamo solidali con il loro dolore, e allo stesso tempo fiduciosi che la limpidezza della loro vita e del loro ministero possa portare a una rapida chiarificazione dei fatti”.

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