“Su altri familiari di vittime della mafia, già ai miei tempi, erano emersi rapporti poco chiari con esponenti della criminalità organizzata”. Lo rivela al Sir il magistrato Alfonso Sabella, che è stato sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo di Gian Carlo Caselli, commentando l’arrestato per associazione mafiosa del fratello di Rosaria Costa, vedova di Vito Schifani, agente della scorta di Falcone. “Rosaria Schifani è un simbolo della lotta contro la mafia. Le sue parole resteranno indelebili nei nostri cuori, nella nostra mente e nella nostra anima. Vedere che il suo nome e quel messaggio fortissimo vengano sporcati da una vicenda che riguarda uno strettissimo congiunto di quella straordinaria donna lascia tanta amarezza”. Restano nella memoria collettiva le parole della donna pronunciate nel giorno del funerale del marito e delle altre vittime della strage di Capaci (“Io vi perdono, ma voi dovete inginocchiarvi”). “Purtroppo Palermo continua a essere una città paludosa, dove non tutto è come sembra – aggiunge il magistrato -. Dispiace per una persona perbene che ha sofferto così tanto a causa delle mafie. È chiaro che eventuali responsabilità reali sono ancora tutte da dimostrare, perché siamo nelle fasi preliminari. Ma il dato di fatto è che emerge un contesto melmoso che ha caratterizzato sempre Palermo, dove non è mai chiaro dove stia il bene e dove stia il male, dove non ci sono precise scelte di campo”. Rispetto al passato, Sabella riconosce “una presa di coscienza da parte della società civile sulla base della fortissima scossa emotiva causata delle stragi”. “Il fatto di oggi ci porta alla realtà di Palermo”.