“I nuovi dati Istat sul divario tra nascite e decessi, nonché il calo dei nuovi nati, confermano come nel nostro Paese vi sia in atto un vero e proprio smottamento demografico, che procede a passo sempre più spedito. Solo negli ultimi 10 anni l’Italia ha perso quasi 134mila neonati e rispetto al baby boom degli anni Sessanta registriamo oltre mezzo milione di nascite in meno”. Così Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, commenta i dati pubblicati oggi dall’Istat che attestano un nuovo record della denatalità in Italia.
“Il nostro – prosegue – è un Paese che continua ad invecchiare e questo ci deve far riflettere: in Italia nascono pochi bambini e hanno in media genitori più anziani rispetto al passato, anche in considerazione delle difficoltà per i più giovani di raggiungere l’autonomia necessaria per sostenere un nuovo nucleo familiare”. “I bambini sono sempre di meno e ciononostante il Paese non riesce a garantire un’adeguata rete di sostegno a tutti i nuovi nati, in particolare nei primi mille giorni di vita, e ai loro genitori”, aggiunge Milano, sottolineando come “con 1,8 milioni di famiglie in povertà nel 2018, per mitigare la tendenza negativa delle nascite, è necessario un impegno sempre maggiore da parte delle istituzioni, per costruire un sistema integrato e coerente di misure, tra cui il supporto economico per i genitori, il sostegno all’occupazione, con particolare attenzione per quella femminile, misure a sostegno della conciliazione tra lavoro e famiglia per entrambi i genitori, l’offerta di servizi educativi per la prima infanzia di qualità e su tutto il territorio”.
Uno dei campanelli di allarme di questo calo, secondo Save the Children, è la flessione delle iscrizioni a scuola nel primo anno delle primarie: per il 2019/2020, ad esempio, le domande presentate sono state poco più di 473.000, con una perdita di circa 23.000 bambini rispetto all’anno precedente (-4,6%), mentre il ciclo di scuola secondaria ha registrato una flessione di altri 20.000 studenti. “Questi dati – conclude l’Ong – possono anche essere uno stimolo per una riflessione volta al ripensamento del sistema scolastico e dell’offerta educativa, garantendo a tutti i bambini l’inserimento già dall’asilo nido e una scuola a tempo pieno”.