La sfida, su tutte, che accomuna le Chiese del Medio Oriente è “quella del nostro futuro. La sfida di come tenere i nostri fedeli nei loro Paesi, nonostante le gravi difficoltà legate all’instabilità, all’insicurezza sociale ed economica, alle guerre. I cristiani, come tutti, cercano stabilità, certezze per il futuro dei propri figli e famiglie. Vogliono andarsene. La vera sfida è aiutarli a restare”. Lo ha detto al Sir il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, che parteciperà all’incontro dei vescovi, promosso dalla Cei, “Mediterraneo, frontiera di pace”, che si terrà a Bari dal 19 al 23 febbraio. Dall’evento nel capoluogo pugliese il card. Sako si attende che “si possa parlare con chiarezza delle sfide non solo per i cristiani ma anche per i popoli di questi Paesi. Vanno rimosse tutte le barriere che ci sono tra noi”. Altra “grande sfida” sono le migrazioni che, spiega il patriarca caldeo, “impoveriscono anche culturalmente questi Paesi che perdono cervelli brillanti”. Le migrazioni pongono poi ancora altre sfide, “quella dell’accoglienza prima e dell’integrazione poi. Chi arriva non può essere lasciato solo al suo destino, ghettizzato. Come Chiese orientali cerchiamo di assistere i nostri fedeli in diaspora, cercando di assicurare loro anche una cura spirituale”. Per il porporato “occorre soprattutto studiare una pastorale adatta che mantenga viva la loro tradizione e identità ecclesiale e che tenga conto, nel contempo, del Paese in cui vivono. Sono Paesi che hanno mentalità, culture, tradizione e lingue diverse. Il nostro patrimonio di fede orientale può essere anche un modello per l’Occidente secolarizzato. I rifugiati possono aiutare in questo. Con la nostra sofferenza, con i nostri martiri, con la nostra fedeltà siamo un dono alla Chiesa universale. I cristiani dell’Occidente sono esortati da quelli orientali, che hanno pagato a caro prezzo la loro fede in Cristo, a far rivivere la loro fede. C’è necessità di parlarsi”.