Preoccupante crisi istituzionale in El Salvador, dove è “guerra aperta” tra il presidente della Repubblica Nayib Bukele e il Parlamento. Dopo che i deputati dell’Assemblea nazionale, dove il partito di Bukele è in minoranza, hanno rifiutato di approvare un prestito per 109 milioni di dollari, una decisione chiave per finanziare la strategia di sicurezza in una delle nazioni più violente del mondo, il presidente ieri ha fatto irruzione all’interno del Parlamento. Circondato da agenti di polizia e militari, Bukele è entrato nella sede dell’Assemblea legislativa, si è seduto sulla sedia del presidente della Camera e ha ordinato che iniziasse la sessione, sotto copertura, ha detto, di un “diritto divino”. Dopo aver fatto una preghiera, ha lasciato il Parlamento e salutato centinaia di suoi seguaci riuniti all’esterno. Bukele ha inizialmente invocato un’insurrezione popolare (rettificando parzialmente, in seguito, le sue dichiarazioni), mentre l’opposizione ha richiesto l’intervento dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) per fermare quello che è stato considerato un “auto-colpo di Stato”. In serata, nella notte italiana, il presidente ha però invocato la “calma”, in riferimento alla sua precedente richiesta.
Conversando ieri con la stampa, il card. Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador, ha chiesto “prudenza” alle Istituzioni coinvolte, chiedendo di “cercare il bene comune della gente più debole, che non ha voce”.
La crisi istituzionale era iniziata venerdì, quando il presidente ha chiesto all’Assemblea nazionale di approvare il finanziamento concesso dalla Banca centroamericana di integrazione economica. Bukele ha invocato, facendo riferimento all’articolo 167 della Costituzione, la convocazione urgente dell’Assemblea, ma la Presidenza del Parlamento ha risposto che non sussistevano i motivi di emergenza nazionale previsti dalla Carta costituzionale. Già nella giornata di ieri l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha chiesto alle parti di dialogare e di rispettare le Istituzioni democratiche.
Bukele, di origini palestinesi, pur avendo esordito nel tradizionale partito di sinistra, il Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmln), ha poi fondato il suo nuovo movimento politico, di carattere post-ideologico, ma più vicino alla destra per parole d’ordine e programmi. La sua vittoria, alle presidenziali di un anno fa, ha posto fine al lungo bipartitismo che ha caratterizzato per decenni la vita politica salvadoregna.