La rete Clamor Ecuador, composta da organizzazioni che operano in ambito migratorio, come la Missione scalabriniana, il Servizio gesuita ai rifugiati, Caritas Ecuador e la Conferenza ecuadoriana dei religiosi, esprime in una nota pubblicata venerdì scorso la propria preoccupazione per “i provvedimenti adottati dal Governo ecuadoriano, mediante i quali è iniziato uno sproporzionato controllo migratorio, specialmente verso la diaspora venezuelana fuggita forzatamente nella ricerca di protezione e rifugio”.
I provvedimenti sono stati presi anche in seguito all’efferato assassinio della volontaria Mariana Granja, nota a Quito per il suo servizio tra i malati di cancro, uccisa da un venezuelano privo di visto. Le organizzazioni esprimono il loro cordoglio e condanna per il fatto di sangue e, al tempo stesso, avvertono che “non dobbiamo perdere di vista che questo e altri atti di violenza sono sintomi di cause strutturali più profonde”, a partire da un modello di sviluppo sbagliato. E che “il numero di persone straniere coinvolte in delitti è infinitamente minore rispetto al numero di persone, famiglie, minori e che vengono nel nostro Paese in cerca di rifugio”. Secondo la rete Clamor, “ogni delitto dev’essere sanzionato secondo la legge attraverso il giusto processo, ma questo deve prescindere il fatto che esso sia stato commesso da cittadini stranieri o connazionali. I delitti non hanno nazionalità e sono comportamenti inaccettabili che feriscono la convivenza umana”.