“A volte noi possiamo credere di non aver bisogno di nulla, di bastare a noi stessi e di vivere nell’autosufficienza più completa. Alle volte succede questo. Ma prima o poi questa illusione svanisce”. È il monito del Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla Biblioteca privata del Palazzo apostolico, ha definito l’essere umano “un’invocazione, che a volte diventa grido, spesso trattenuto”: “L’anima assomiglia a una terra arida, assetata, come dice il Salmo. Tutti sperimentiamo, in un momento o nell’altro della nostra esistenza, il tempo della malinconia o della solitudine. La Bibbia non si vergogna di mostrare la condizione umana segnata dalla malattia, dalle ingiustizie, dal tradimento degli amici, o dalla minaccia dei nemici”. “A volte sembra che tutto crolli, che la vita vissuta finora sia stata vana”, l’analisi del Papa, secondo il quale “in queste situazioni apparentemente senza sbocchi c’è un’unica via di uscita: il grido, la preghiera: ‘Signore, aiutami!’. La preghiera apre squarci di luce nelle tenebre più fitte. ‘Signore, aiutami’, e questo apre la strada, apre il cammino”. “Noi esseri umani condividiamo questa invocazione di aiuto con tutto il creato”, ha fatto notare Francesco: “Non siamo i soli a pregare in questo sterminato universo: ogni frammento del creato porta inscritto il desiderio di Dio. San Paolo lo ha espresso in questo modo: ‘Sappiamo che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente’”. “Bello, questo!”, il commento a braccio: “In noi risuona il multiforme gemito delle creature: degli alberi, delle rocce, degli animali… Ogni cosa anela a un compimento”, ha aggiunto il Papa citando Tertulliano. La sua, ha precisato, “è un’espressione poetica, per un commento a quello che San Paolo dice. Ma noi siamo gli unici a pregare coscientemente, a sapere che ci rivolgiamo al Padre, per entrare in dialogo con il Padre”.