Terra Santa: atto vandalico al Getsemani. Patton (Custode), “atto riprovevole. Riconciliazione e giustizia per evitare che episodi del genere si ripetano innescando violenza”

Gerusalemme, Getsemani

“Un atto riprovevole, che ha lasciato tutti noi ancora una volta sorpresi e rattristati, perché ha colpito un luogo santo, un luogo di preghiera, un luogo di alto valore simbolico per tutti i cristiani. È anche un atto che non va enfatizzato perché suppongo che chi compie questi gesti lo faccia proprio per avere un po’ di risonanza, di fama ingiustamente guadagnata, operando il male anziché il bene”: lo ha detto il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, celebrando ieri nella Basilica dell’Agonia al Getsemani, ai piedi del Monte degli Ulivi a Gerusalemme, una messa in riparazione dell’atto vandalico del 4 dicembre scorso, quando un uomo è entrato nella chiesa danneggiandone gli arredi. Fatto avvenuto proprio mentre Pierbattista Pizzaballa, faceva il suo ingresso solenne al Santo Sepolcro come nuovo patriarca di Gerusalemme dei Latini.

La celebrazione è stata presieduta dal Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa e concelebrata, oltre che dal Custode di Terra Santa, anche dal vescovo emerito del Patriarcato latino, mons. Giacino Boulos Marcuzzo, dal vicario custodiale padre Dobromir Jasztal e da mons. Leopoldo Girelli, Nunzio Apostolico in Israele e Cipro e Delegato Apostolico in Gerusalemme e Palestina.

Secondo quanto appreso dal Sir “il sospetto è stato subito arrestato. Il giudice ha rigettato l’insanità mentale. La Polizia sta conducendo indagini accurate dopo che all’inizio sembrava essere solo l’opera di un criminale”.
“È un atto – ha aggiunto il Custode – di cui sul piano della giustizia e della sicurezza si devono occupare le forze dell’ordine, le autorità civili e il potere giudiziario, per evitare che atti del genere si ripetano, per evitare che si riaprano ferite, per evitare anche strumentalizzazioni da parte di chi è nemico della pace e della convivenza tra i popoli e tra i credenti di diverse religioni”. Dal Custode anche l’invito “a reagire secondo lo spirito del Vangelo che ci insegna a riparare attingendo al dono di sé fatto da Gesù una volta per sempre, quando ha donato se stesso sulla Croce, vittima di riconciliazione per demolire il muro dell’inimicizia che separa i popoli e le persone”. “La Parola di Dio ci invita a rimuovere gli ostacoli che impediscono di aprire il cuore all’incontro con il Cristo e all’incontro fraterno tra di noi – ha spiegato p. Patton – non possiamo dimenticare che questo luogo, il Getsemani è stato ed è anzitutto un luogo di preghiera. Qui Gesù veniva normalmente a pregare. La nostra preghiera di riparazione quest’oggi e in questo luogo ha perciò lo scopo di portarci alla riconciliazione, perché attinge al dono di sé fatto da Gesù con infinito amore sul Calvario”. Il Getsemani è anche “un luogo di violenza”, ha detto il Custode ricordando l’arresto di Gesù “come fosse un malfattore” e Simon Pietro che stacca con la spada “un orecchio a uno degli aggressori”. Reazione disapprovata da Gesù che guarì il ferito, riattaccandogli l’orecchio, e rimproverò Pietro, lasciando, ha sottolineato il Custode un insegnamento “non deve esserci spazio per la violenza dentro il nostro cuore, non deve esserci spazio per sentimenti di vendetta, non deve esserci spazio per nessuna forma di rancore, anche quando siamo noi a subire violenza”. Insegnamento, per padre Patton, “valido anche per noi oggi” come ricorda papa Francesco nella sua ultima enciclica, Fratelli tutti. “Celebrando questa messa di riparazione – ha affermato il Custode – noi vogliamo frenare l’avanzare delle forze della distruzione che già tanto male e tanta violenza hanno portato ai popoli, ai fedeli, alle persone che vivono in questa Terra Santa e nel mondo intero. Il Getsemani, e in particolare questa Basilica è anche un luogo di riconciliazione e vogliamo che continui ad essere un luogo di riconciliazione”. Si chiama Basilica delle Nazioni perché, ha ricordato Patton, “le nazioni che durante la Prima Guerra mondiale si erano combattute sanguinosamente, terminata la guerra, contribuirono insieme alla costruzione dell’attuale basilica sulle rovine bizantine e medievali”. È quindi un luogo che “ci ricorda sia la tragedia dello scontro, dell’inimicizia e della guerra sia la possibilità della riconciliazione. Non vogliamo – ha rimarcato il religioso – che l’atto di una singola persona turbi o incrini il desiderio che come cristiani e francescani portiamo nel cuore, che è il desiderio di essere fratelli di tutti e di poter tutti accogliere in modo fraterno. Desideriamo anche che giustizia e pace si bacino proprio per evitare che atti di questo genere si ripetano innescando pericolosi circoli di violenza. E mentre attendiamo che la giustizia si affacci dal cielo speriamo che essa trovi spazio anche sulla terra”.
Quello al Getsemani è solo l’ultimo di una lunga serie di attacchi intimidatori, alcuni dei quali firmati “Price tag” (Il prezzo da pagare) e riconducibili a coloni violenti e estremisti ebraici. Atti che, in questi anni, non hanno risparmiato luoghi come l’abbazia trappista di Latrun (2012), Tabga luogo della Moltiplicazione dei pani e dei pesci (2015) e un seminario cristiano vicino all’abbazia della Dormizione (2016), sempre nella città santa.

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