“Siamo davvero felici di sapere che Papa Francesco verrà in Iraq a marzo del prossimo anno e in particolare a Mosul e nella Piana di Ninive. I nostri fedeli danzano di gioia per questa notizia. Spero che in tanti possano tornare nelle loro case e villaggi”. Così mons. Najib Mikhael Moussa, arcivescovo di Mosul, commenta al Sir il viaggio papale annunciato oggi dalla Santa Sede, il primo di un Pontefice nel Paese. “Una visita simbolica che arriva in un momento particolare per tutto l’Iraq e per noi cristiani rappresenta un momento forte – spiega l’arcivescovo -. Il Papa comincerà da Ur, nel sud, che è il luogo dove Abramo è partito per la sua missione. Visitando Ur prima di proseguire per Mosul e poi salire fino in Kurdistan, il Papa vuole dire che viene per tutti gli iracheni, per i fedeli delle religioni abramitiche, così come per tutte le denominazioni religiose mesopotamiche”. “La prima visita di un Papa in Iraq – aggiunge mons. Moussa – cade in un tempo in cui tantissime persone, soprattutto giovani vogliono cambiare il Paese, combattere la corruzione, instaurare uno Stato di diritto, dove dignità, uguaglianza e cittadinanza siano garantite a tutti senza distinzione”. Secondo l’arcivescovo di Mosul, “tra i temi che saranno trattati nella visita ci saranno quelli della dignità dell’uomo e dei diritti umani, della convivenza, del perdono, del dialogo tra le fedi e in particolare del rispetto delle minoranze, come quelle perseguitate dei cristiani e degli Yazidi”. Il ricordo di mons. Moussa corre alle “sofferenze patite dalle minoranze cristiana e yazida” durante la dominazione dello Stato Islamico (2014-2017) e, ancora prima, durante gli scontri settari scoppiati dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003. “Mosul – dichiara – ancora oggi non vede che poco più di 50 famiglie cristiane rientrate dopo la grande fuga del 2014 causata dall’arrivo delle milizie jihadiste del califfato. Oggi Mosul è vuota dei suoi abitanti originari. La grazia di questa visita – è la speranza espressa da mons. Moussa – possa servire a favorire il rientro di tanti cristiani nel segno della pace e della prosperità, non solo a Mosul ma anche nei villaggi della Piana di Ninive. Tante famiglie sono ancora a Erbil perché le loro case nei villaggi della Piana sono state bruciate o distrutte”. “Ora – conclude – ci prepareremo alla visita del Papa pregando insieme, celebrando con il nostro patriarca e i vescovi, con le chiese locali e tutta la comunità ecclesiale irachena”.