“Siamo una Chiesa numericamente piccola ciò è parte della nostra identità e non ne dobbiamo fare un dramma. Tale condizione ci ricorda che non siamo né esistiamo per noi stessi, ma per entrare in relazione con quanti ci incontrano e ci sprona ad essere propositivi, soprattutto con le popolazioni e le fedi che abitano i nostri territori, ebrei e musulmani”. Lo ha sottolineato il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, celebrando la prima messa nella basilica del Santo Sepolcro. “Siamo la Chiesa madre. È madre colei che genera e non tiene mai nulla per sé, ma vive per colui che ha generato – ha affermato Pizzaballa –. Sia così dunque la nostra Chiesa: non ripiegata su di sé e sulle sue ferite e mai dimentica che siamo fatti per la vita eterna. Solo così potremo essere fruttuosamente anche Chiesa capace di porre l’altro al centro della propria attenzione, desiderosa di dire sempre una parola di speranza e di consolazione anche nelle circostanze più difficili, decisa nel difendere i diritti di Dio e dell’uomo, attenta ai più bisognosi, impegnata a costruire una comunità solidale”. Pizzaballa ha invitato a “ritrovare sostegno, senso e motivazione al nostro servizio ecclesiale nella Parola di Dio. Anche se sono tanti i problemi e le difficoltà che ci affliggono, vogliamo annunciare che nulla ci tiene chiusi nei nostri sepolcri, che siamo Chiesa viva, che nessun macigno ci ferma o ostacola. Vogliamo, allora, essere costantemente in movimento dietro a Gesù, senza chiuderci nelle nostre comodità. La Chiesa non vive di rimpianti per quello che era ieri e non si perde in continue analisi per chiedersi come deve essere oggi, ma vive il presente con serenità e senza paura. Se vogliamo seguire Gesù dobbiamo essere in movimento con Lui. Il nostro costante lamentarci per la situazione, per i problemi che dobbiamo affrontare, la nostra stanchezza, forse sono comprensibili in questo frangente, ma sono comunque un ostacolo al nostro camminare dietro al Risorto”. L’invito finale è a “camminare insieme. Solo insieme possiamo sostenerci a vicenda. Ognuno con il proprio compito, la propria funzione, il proprio servizio, la propria identità, ma tutti insieme al servizio del Regno”.