No dei vescovi cattolici della Svizzera al progetto “Matrimonio civile per tutti”. In un comunicato diffuso questa mattina, la Conferenza episcopale elvetica ritiene che “il dibattito non sia stato affrontato in modo adeguato” e che “le conseguenze etiche legate alla Pma e ai diritti del bambino sono rilevanti”. Dopo la Camera del popolo (camera bassa), martedì scorso la Camera dei Cantoni (Consiglio degli Stati) ha detto “sì” alle unioni per via legislativa” con 22 voti contro 15 e 7 astenuti. Il progetto di legge include la donazione di sperma per le coppie lesbiche, la naturalizzazione facilitata del partner e l’adozione congiunta. Nella nota diffusa oggi, la Conferenza episcopale svizzera esordisce precisando che i vescovi ritengono “importante” “combattere” ogni forma di discriminazione. Tuttavia, “esiste una distinzione tra discriminazione e differenziazione” e “quest’ultima permette talvolta di far valere meglio gli interessi delle minoranze”. In tal senso la Conferenza episcopale ritiene che “per le coppie dello stesso sesso sia più opportuno adeguare l’attuale legislazione sull’unione domestica registrata, anziché introdurre un ‘matrimonio per tutti’, che sarebbe a suo parere una maniera di uniformare progetti di vita differenti”. I vescovi insistono poi sul fatto che “è impossibile” affrontare il dibattito sul ‘matrimonio per tutti’ eludendo le conseguenze che questo progetto di legge ha sulla genitorialità e l’accesso alla procreazione medicalmente assistita. “Questi due aspetti sollevano questioni etiche delicate e complesse. Il fatto di non evocarne le conseguenze allo scopo di promuovere oggi con più facilità la parità di trattamento, senza differenziare tra coppie eterosessuali e omosessuali, può comportare domani l’approvazione incondizionata di un principio già accettato”. I vescovi osservano che il matrimonio civile non è soltanto “un riconoscimento pubblico dei sentimenti reciproci”. Il suo scopo è “l’iscrizione della filiazione in un’istituzione stabile, in particolare per la protezione della madre (matri-monium) e del bambino”. In tal senso il matrimonio civile è “normato per la fondazione della famiglia”. “Ora – osserva la nota della Ces – “per conseguire tale scopo, le coppie dello stesso sesso devono però ricorrere alla Pma”. È questo il “punto” più controverso dell’iniziativa parlamentare. I vescovi si oppongono al suo impiego (anche per le coppie eterosessuali) poiché la Pma, “comportando una donazione di gameti, è contraria ai diritti del bambino”, in particolare a quello di “conoscere la propria origine biologica”. La Conferenza episcopale ricorda a tale proposito che “nessuno possiede il diritto al bambino; al contrario, vi sono i diritti del bambino” ed è pertanto nel suo “interesse superiore” opporsi in modo generale all’accesso alla Pma (anche) per le coppie dello stesso sesso, “in considerazione del diritto del bambino alla conoscenza della propria ascendenza genetica”. Nella nota si sottolinea anche “il rischio di apertura alla maternità surrogata, giustamente vietata in Svizzera per motivi di tutela della madre e del bambino”. I vescovi propongono poi di fare una distinzione tra “discriminazione e differenziazione”. E spiegano: “In una società che tende all’uniformazione e all’egualitarismo, la differenziazione può essere il mezzo efficace per raggiungere la parità di trattamento e far riconoscere nel contempo le peculiarità e i diritti di ciascuno e ciascuna”. È invece un “pericolo” cercare di “risolvere i problemi di discriminazione ignorando le differenze tra gli individui”.