Covid-19 e Avvento: don Mulas (cappellano Sassari), “abbiamo trasformato una cassaforte in tabernacolo”

“Negli infettivi abbiamo trasformato una cassaforte in tabernacolo dove conservare le ostie”, racconta in un’intervista al Sir don Paolo Mulas, giovane cappellano dell’Azienda ospedaliera universitaria (Aou) di Sassari. Tutti i giorni porta la Comunione nei reparti: “Per chi lo desidera, riceverla tutti i giorni è una grande consolazione”. Don Paolo ascolta i pazienti e li sostiene, non solo dal punto di vista spirituale. “Porto loro i giornali e quando i parenti non possono uscire vado nelle loro case a prendere i ricambi o ciò di cui hanno bisogno”. E i familiari gli chiedono: “Don, gli dia una carezza da parte nostra, gli dica che tutti a casa lo stiamo aspettando”. È un sacerdote molto pratico: “Chi soffre ha bisogno di gesti. La fede si esprime attraverso la preghiera e i sacramenti, ma anche attraverso la concretezza delle nostre mani e delle nostre azioni”. All’inizio dell’Avvento, “mai come in questa situazione stiamo imparando che il Natale è concretezza, è prendersi cura di un Dio che si fa neonato per noi e ha bisogno delle nostre cure, del nostro amore, delle nostre mani. Come questi nostri pazienti”. E l’amore per i malati diventa catechesi: una ragazza ricoverata per Covid ha chiesto di fare in reparto la Prima Comunione che non aveva mai fatto. “L’ha ricevuta ieri, alla presenza anche del personale, ed è stato per tutti noi un momento di grande commozione”. Don Paolo sta pensando a che cosa organizzare per i pazienti costretti a trascorrere il Natale in ospedale, perché lo vivano con la maggiore serenità possibile. E si occupa anche di credenti in altre religioni: “Non devo fare proseliti. In reparto voglio portare sollievo, gioia, speranza. A loro non importa che io sia un prete cattolico; interessa solo che io sia lì per loro”.

 

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