Un resoconto dettagliato su come la Colombia, soprattutto nelle zone più periferiche e povere, ha vissuto i lunghi mesi di isolamento per la pandemia. E la capillare opera della Chiesa nell’accompagnamento della popolazione colpita dalla crisi sanitaria. “Come resuscitare dal Covid: contagiarci di speranza, solidarietà e fraternità” è il titolo, tradotto in italiano, del report presentato nei giorni scorsi dal Segretariato di pastorale sociale e Caritas della Conferenza episcopale colombiana. Un lavoro ampio e completo, frutto di un lavoro di squadra, con il coordinamento editoriale di Anamaría Rodríguez Porras e la redazione della giornalista Yulieth Patricia Estupiñán Fino, ricco di dati e testimonianze sul lavoro svolto dalla Pastorale sociale negli estremi territori del Paese durante la quarantena obbligatoria. Non manca un appello agli impegni da prendere per contribuire a mitigare i tragici effetti della pandemia, che è ancora ben viva nel Paese.
“La gestione di questi mesi al servizio dei fratelli bisognosi in Colombia è stata fatta in risposta all’invito di Papa Francesco: di fronte alla paura, speriamo di non cedere all’indifferenza, all’egoismo, alla divisione e all’oblio”, si legge nell’introduzione.
Il report segnala che l’emergenza ha messo in luce i problemi socio-economici che affliggono il Paese, le tante sacche di emarginazione, discriminazione e violenza. Secondo i dati del Dane, l’istituto nazionale colombiano di statistica, risalenti allo scorso luglio, oltre 4 milioni di persone hanno perso il lavoro in questi mesi e il tasso di disoccupazione è in pratica raddoppiato, passando al 20,2%. Lo studio denuncia la drammatica situazione di migranti e rifugiati, soprattutto venezuelani (sono almeno un milione e 700mila quelli presenti nel Paese), e di colombiani che continuano a essere costretti a lasciare le proprie abitazioni, a causa della violenza che imperversa. E fa presente che la pandemia ha messo in luce un sistema sanitario pubblico carente, se non addirittura nullo.
Un capitolo è dedicato alla crescente presenza di bande armate, gruppi di guerriglia paramilitari nel Paese, a tal punto che in almeno 11 dipartimenti su 32 sono stati proprio questi gruppi a imporre e far rispettare le regole per evitare la propagazione del Covid-19, dimostrando, così, un controllo quasi totale del territorio. 45 i massacri registrati, durante la pandemia, con 182 persone assassinate, secondo l’organizzazione Indepaz, oltre 40 gli ex guerriglieri Farc smobilitati, teoricamente protetti dopo gli accordi di pace, che sono stati uccisi.
Di fronte a questo scenario, dalla Pastorale sociale di diocesi e parrocchie sono state sviluppate innumerevoli azioni (nel report documentate territorio per territorio con dati e testimonianze dirette) che hanno aiutato le persone che vivono per strada, disoccupate, con lavori informali, i migranti, le vittime del conflitto armato.