“Nell’anno dell’epidemia la paura e l’incertezza hanno fatto affiorare molte delle vulnerabilità strutturali in cui versa il Paese. Il virus ha aggredito una società che era in debito di ossigeno e ripiegata nel proprio individualismo”. Lo scrive p. Francesco Occhetta, gesuita e scrittore, nella sua nota politica pubblicata sul numero di gennaio di Vita Pastorale, anticipato al Sir. Una società anche “provata da anni di erosione della classe media, dell’aumento dei poveri e della crescita di pochi ricchi”, spiega p. Occhetta citando il Censis, secondo cui “solamente il 3% degli italiani possiede il 34% della ricchezza del Paese”. “Nel Paese manca visione: i bonus e i sussidi hanno calmierato le difficoltà delle imprese e di molte famiglie – sottolinea il gesuita –. La politica ha scelto di distribuire le risorse a disposizione in forma assistenziale piuttosto di creare le condizioni per ‘il lavoro per tutti’, come propone la visione sociale della Chiesa”.
Nella sua nota, poi, p. Occhetta esprime un monito: “Il distanziamento fisico rischia di diventare un allontanamento sociale, la chiusura forzata in spazi (spesso piccoli e angusti) sta trasformando il disorientamento di molti in rabbia sociale”. Infine, riflettendo su “cosa resterà dopo lo stato d’eccezione”, il gesuita ribadisce che “occorrerà ripensare il modello di sviluppo che ha mandato in crisi quello classico”. “Non sono i consumi da rilanciare, ma è la qualità della vita personale e sociale da ripensare. Certo, serve una riforma fiscale più equa che argini l’evasione, un sistema industriale più moderno e una nuova politica dei territori”.