Un nuovo farmaco per il trattamento di una malattia rara autoinfiammatoria che colpisce il cuore, la pericardite idiopatica ricorrente. Sul The New England Journal of Medicine sono stati pubblicati i risultati dello studio internazionale che confermano l’efficacia del rinolacept, sviluppato da Kiniksa. La sperimentazione ha coinvolto diversi centri negli Stati Uniti, in Israele e in Australia. In Italia hanno partecipato la Città della Salute e della Scienza di Torino, l’Ospedale Fatebenefratelli Sacco di Milano e il Bambino Gesù di Roma, unico ospedale pediatrico, che ne dà la notizia. Quest’ultimo evidenzia che “questa patologia può essere curata con la colchicina e con i farmaci antinfiammatori non steroidei che nel bambino rappresentano la prima scelta poiché hanno minori effetti collaterali rispetto agli antinfiammatori steroidei (cortisone)”. “Tuttavia spesso tali farmaci non sono sufficienti a prevenire le ricadute e quindi è necessario utilizzare il cortisone, anche per lunghi periodi, con tutti gli effetti collaterali che tale terapia purtroppo comporta nel lungo termine”.
Lo studio internazionale pubblicato sul The New England Journal of Medicine ha coinvolto 86 pazienti di età superiore ai 12 anni. Si è trattato di uno studio di fase 3, che è l’ultima prima della commercializzazione. Il farmaco utilizzato nella sperimentazione, il rilonacept, è un nuovo inibitore dell’Interleuchina 1. Dal momento che “da qualche anno è stato dimostrato come nell’origine della malattia svolga un ruolo chiave proprio l’Interleuchina 1”. Il farmaco – informa il Bambino Gesù – “oltre a essersi dimostrato efficace nel trattare l’episodio acuto di pericardite, è risultato efficace nel prevenire le recidive”. “Ha consentito inoltre di diminuire rapidamente, fino a eliminare, eventuali terapie concomitanti tra cui il cortisone, con tutti i suoi effetti collaterali. Presenta anche il vantaggio di essere somministrato sottocute una sola volta a settimana”. Quello atteso nei pazienti con pericardite idiopatica ricorrente è “un netto miglioramento della qualità di vita dei pazienti, con evidente riduzione dei ricoveri ospedalieri e delle complicazioni associate alla malattia”.