“Il Natale ci ricorda che questo tempo pur così difficile data la pandemia che ci ha colpito, è santificato dalla presenza del Signore ed è tempo propizio per convertire il nostro cuore a lui e accogliere il suo perdono, che è fonte di gioia e serenità”. Lo ha scritto mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e amministratore apostolico di Susa, nella lettera a detenuti e detenute pubblicata in occasione del Natale nella rubrica dedicata ai temi della detenzione “La Voce dentro” sul nuovo numero del settimanale diocesano “La Voce e il Tempo”. Quest’anno, per via delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, mons. Nosiglia non potrà celebrare, come consuetudine, la messa di Natale con i detenuti del carcere Lorusso e Cutugno e dell’Istituto minorile Ferrante Aporti.
“Il Natale ci ricorda che Gesù Cristo ha preso su di sé le nostre miserie e sofferenze, ci ha liberato e salvato dal peccato e vive oggi in mezzo a noi, è il Dio con noi, che sempre ci avvicina e ci conforta con la sua amicizia e la forza del suo Spirito fonte di liberazione e di gioia interiore”, prosegue l’arcivescovo, certo che “Gesù vuole incontrarvi uno ad uno; accoglie le vostre preghiere, le vostre segrete aspirazioni del cuore, il vostro pentimento, ma anche la vostra voglia di riscatto e di rinnovamento; vuole aiutarvi a non disperare mai del suo sostegno anche quando sembra che tutto vada in rovina e la disperazione penetri nel cuore. No, tutto può e deve ricominciare, perché con la fede nel Signore è possibile”.
Per mons. Nosiglia, “anche il tempo trascorso in carcere è tempo di Dio ed è tempo di riscatto e di redenzione dalla colpa commessa; tempo di fiducia per poter riprendere il cammino della vita rinnovati”. “Lo so bene – prosegue – che in carcere le condizioni di vita sono difficili e rischiano di spersonalizzare la persona e scoraggiarne la volontà di riscatto e di ripresa morale. Ci si lascia andare e vivere senza prendere in mano, con forza e coraggio, la propria esistenza. Davanti a Dio però noi restiamo sempre suoi figli e figlie, amati e prediletti, e possiamo riscattarci dalle nostre colpe, aprendo il cuore alla fiducia in Lui e nel suo perdono”. L’arcivescovo invita “chi si trova in carcere” e “pensa con rimpianto o con rimorso ai giorni in cui era libero e subisce con pesantezza il tempo presente, che non sembra passare mai” a farsi protagonisti di “una forte esperienza di fraternità”. “Il Natale – conclude – sia fonte di serenità per tutti e confermi la certezza di sapersi comunque amati e cercati dal Signore, sempre, anche quando ci sentiamo soli ed indifesi”.