Natale 2020: mons. Nosiglia (Torino e Susa) ai detenuti, “in carcere condizioni di vita difficili” ma si può “riprendere il cammino della vita rinnovati”

“Il Natale ci ricorda che questo tempo pur così difficile data la pandemia che ci ha colpito, è santificato dalla presenza del Signore ed è tempo propizio per convertire il nostro cuore a lui e accogliere il suo perdono, che è fonte di gioia e serenità”. Lo ha scritto mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e amministratore apostolico di Susa, nella lettera a detenuti e detenute pubblicata in occasione del Natale nella rubrica dedicata ai temi della detenzione “La Voce dentro” sul nuovo numero del settimanale diocesano “La Voce e il Tempo”. Quest’anno, per via delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, mons. Nosiglia non potrà celebrare, come consuetudine, la messa di Natale con i detenuti del carcere Lorusso e Cutugno e dell’Istituto minorile Ferrante Aporti.
“Il Natale ci ricorda che Gesù Cristo ha preso su di sé le nostre miserie e sofferenze, ci ha liberato e salvato dal peccato e vive oggi in mezzo a noi, è il Dio con noi, che sempre ci avvicina e ci conforta con la sua amicizia e la forza del suo Spirito fonte di liberazione e di gioia interiore”, prosegue l’arcivescovo, certo che “Gesù vuole incontrarvi uno ad uno; accoglie le vostre preghiere, le vostre segrete aspirazioni del cuore, il vostro pentimento, ma anche la vostra voglia di riscatto e di rinnovamento; vuole aiutarvi a non disperare mai del suo sostegno anche quando sembra che tutto vada in rovina e la disperazione penetri nel cuore. No, tutto può e deve ricominciare, perché con la fede nel Signore è possibile”.
Per mons. Nosiglia, “anche il tempo trascorso in carcere è tempo di Dio ed è tempo di riscatto e di redenzione dalla colpa commessa; tempo di fiducia per poter riprendere il cammino della vita rinnovati”. “Lo so bene – prosegue – che in carcere le condizioni di vita sono difficili e rischiano di spersonalizzare la persona e scoraggiarne la volontà di riscatto e di ripresa morale. Ci si lascia andare e vivere senza prendere in mano, con forza e coraggio, la propria esistenza. Davanti a Dio però noi restiamo sempre suoi figli e figlie, amati e prediletti, e possiamo riscattarci dalle nostre colpe, aprendo il cuore alla fiducia in Lui e nel suo perdono”. L’arcivescovo invita “chi si trova in carcere” e “pensa con rimpianto o con rimorso ai giorni in cui era libero e subisce con pesantezza il tempo presente, che non sembra passare mai” a farsi protagonisti di “una forte esperienza di fraternità”. “Il Natale – conclude – sia fonte di serenità per tutti e confermi la certezza di sapersi comunque amati e cercati dal Signore, sempre, anche quando ci sentiamo soli ed indifesi”.

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