“Chi prega non lascia mai il mondo alle sue spalle”. Lo ha spiegato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata del Palazzo apostolico. “Se la preghiera non raccoglie le gioie e i dolori, le speranze e le angosce dell’umanità, diventa un’attività decorativa, un atteggiamento superficiale, da teatro, un atteggiamento intimistico”, il monito di Francesco: “Tutti abbiamo bisogno di interiorità: di ritirarci in uno spazio e in un tempo dedicato al nostro rapporto con Dio. Ma questo non vuol dire evadere dalla realtà”. “Nella preghiera, Dio ci prende, ci benedice, e poi ci spezza e ci dà, per la fame di tutti”, ha spiegato il Papa, secondo il quale “ogni cristiano è chiamato a diventare, nelle mani di Dio, pane spezzato e condiviso”. “Cioè una preghiera concreta, che non sia una fuga”, ha aggiunto a braccio: “Così gli uomini e le donne di preghiera cercano la solitudine e il silenzio, non per non essere infastiditi, ma per ascoltare meglio la voce di Dio. A volte si ritirano dal mondo, nel segreto della propria camera, come raccomanda Gesù stesso, ma, ovunque siano, tengono sempre spalancata la porta del loro cuore: una porta aperta per quelli che pregano senza sapere di pregare; per quelli che non pregano affatto ma portano dentro un grido soffocato, un’invocazione nascosta; per quelli che hanno sbagliato e hanno smarrito la via”. “Chiunque può bussare alla porta di un orante e trovare in lui o in lei un cuore compassionevole, che prega senza escludere nessuno”, la tesi di Francesco, per cui ciascuno di noi nella preghiera “si fa cuore e voce di tanta gente che non sa pregare, che non prega, che non vuole pregare: noi siamo il cuore e la voce di questa gente, che sale a Gesù e sale al Padre, come un intercessore”.