“Laddove si incrociano i vissuti delle persone e le ferite aperte sulla loro carne occorre fare sempre più e sempre meglio”. Lo ha detto Vincenzo Corrado, direttore Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, moderando oggi l’incontro online di presentazione del documento “Alla sera della vita. Riflessioni sulla fase terminale della vita terrena”, elaborato dall’Ufficio nazionale per la pastorale della salute e frutto di una riflessione condivisa nella Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute. Gli fa eco il direttore della pastorale della salute don Massimo Angelelli: “Il nostro obiettivo è proprio questo: non lasciare solo nessuno. Per questo stiamo riorganizzando la nostra presenza secondo il cambiamento dei modelli di cura con il passaggio dalle grandi strutture al territorio. In ospedale si sta sempre meno, la cura si è trasferita sul territorio”. Ed è proprio lì che la pastorale della salute “si sta schierando attraverso i sacerdoti, i diaconi, i ministri straordinari della comunione, ma tutti appartengono a questa rete curante. Non è il compito solo di alcuni, è il compito di tutta la comunità cristiana che si costituisce come comunità sanante e si fa carico delle fragilità all’interno del suo territorio affinché nessuno resti solo”.
Ripensando all’esperienza della pandemia, don Angelelli ricorda, tra i vari aspetti, il numero drammatico delle vittime, oltre 65mila, il prezzo altissimo pagato in termini di sofferenza, “aggravato dalla rottura delle relazioni”, ed esprime un auspicio: “In queste prossime festività natalizie speriamo che emerga forte il senso di responsabilità di tutti gli italiani perché un’eventuale terza ondata in gennaio, sommandosi all’epidemia influenzale, sarebbe veramente devastante”.