“I dati Istat diffusi oggi testimoniano ancora una volta la frana demografica da cui è investito il nostro Paese. La riduzione della quota di bambini e giovani sul totale della popolazione, che vede un rapporto di cinque anziani per ogni bambino e l’indice di vecchiaia balzato al 180% con un aumento di 42 punti in otto anni, confermano la necessità improrogabile di investire per migliorare la condizione dei giovani affinché possano anche solo immaginare e programmare la nascita di un figlio”. Lo afferma Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, commentando i dati raccolti dai Censimenti permanenti che l’Istat ha condotto nel 2018 e 2019.
Secondo l’Ong si tratta di “un quadro informativo dettagliato e affidabile sulla popolazione” aggiornato ogni anni che apre “nuove strade per azioni efficaci di intervento consapevoli e mirate, a partire dalla lotta alla povertà educativa e al sostegno delle e degli adolescenti nei territori più deprivati, per garantire opportunità a tutte e a tutti, affinché riescano a orientarsi nelle loro aspirazioni e nei percorsi formativi e professionali”.
“È infatti essenziale capire dove è più urgente mettere in moto azioni sinergiche, anche con il Terzo settore, mirate e organiche per intervenire nei luoghi dove si accumulano i fattori di svantaggio che – sottolinea Milano – non solo ostacolano le aspirazioni e le opportunità per costruire il proprio futuro a troppi bambini e ragazzi, ma stanno bloccando lo sviluppo di tutto il Paese, riducendo le potenzialità e i diritti di cittadinanza della popolazione”. “Il nuovo piano nazionale Next Generation deve rispettare questo nome ambizioso”, prosegue, evidenziando che “se vogliamo davvero investire sulle prossime generazioni è necessario, prima di tutto, mettere al centro della programmazione europea lo sviluppo di una rete di servizi educativi per la prima infanzia”.
Per Milano, “è inoltre necessario partire dalle giovani donne, oggi ancora più a rischio dei loro coetanei maschi di rimanere nel limbo delle ‘neet’ ed essere pertanto escluse da ogni percorso di formazione e/o lavorativo, dalle madri e dai genitori, esasperati dalle condizioni di vita e di lavoro prodotte dalla crisi sanitaria in corso e modificare rapidamente il sistema di welfare e quello educativo, rafforzando l’infrastruttura socio-educativa a partire dalla primissima infanzia”.