“Sta arrivando il Natale e il senso di abbandono e di solitudine è ancora più grande. Le famiglie non hanno possibilità di fare l’albero o il presepe perché il loro primo pensiero e trovare il pane da dare ai loro figli. Basterebbe un po’ di cibo per donare un segno di festa a queste famiglie”. A 10 giorni dal Natale padre Antonio Ayvazian, parroco armeno di Qamishili, nel nord Est siriano, zona ad alta tensione del Paese in guerra da 10 anni, racconta al Sir lo stato d’animo dei cristiani locali, in gran parte raggruppati in 13 villaggi sperduti nelle montagne. “Con uno stipendio mensile di pochi dollari non si riesce a comprare più nulla. La gente è disperata – denuncia il parroco – ci sono tantissime giovani donne che sono arrivate a vendere la propria verginità per avere di che vivere”. Padre Ayvazian punta l’indice contro “l’embargo e le sanzioni internazionali che stanno distruggendo la Siria e provocando l’esodo dei cristiani nel silenzio dell’Occidente. Solo la nunziatura apostolica ci è vicina per quanto possibile”. La speranza adesso è riposta nell’aiuto inviato da Papa Francesco a tutte le diocesi siriane, 60 mila euro ciascuna. Alla povertà si è aggiunto anche il Covid-19: “Ci siamo organizzati con altri leader religiosi locali – afferma il parroco armeno – e abbiamo predisposto una rete di assistenza per il Covid dotandoci di bombole di ossigeno e presidi di protezione per 100 persone”. “A Natale non ci saranno il presepe e l’albero – conclude p. Ayvazian – ma ci resta il dono più grande, la nostra fede, cui ci aggrappiamo per andare avanti”.