“I centri di grandi dimensioni come quello di Moria, aperti in Grecia e in Italia per realizzare il cosiddetto ‘Approccio Hotspot’, hanno effetti devastanti sulla salute mentale di rifugiati e richiedenti asilo. Il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo rischia di alimentare il modello dei grandi centri di accoglienza soprattutto nei Paesi chiamati a controllare le frontiere esterne dell’Unione europea”. È quanto denunciano diciotto associazioni in un documento di analisi promosso da Asgi, Intersos, Mdm, Medu, Msf, Sanità di frontiera e Simm e rivolto alle istituzioni e ai governi europei.
Forte sovraffollamento; isolamento geografico e sociale; lunghissimi tempi di permanenza in attesa dell’ottenimento del permesso di soggiorno e/o dell’accesso alla procedura di asilo; difficoltà di accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi sociali; episodi di degrado sociale e violenza; gravi limitazioni alla libertà personale e di circolazione. Queste alcune delle caratteristiche dei megacentri di accoglienza che, in un recente studio di Medu, si sono dimostrati luoghi aventi caratteristiche tali da determinare le formi più gravi di disturbo da stress post-traumatico. “Le conseguenze sulla salute psico-fisica di questo tipo di accoglienza costituiscono un perdurante ostacolo ai percorsi di integrazione di migranti e rifugiati nei paesi di accoglienza con pesanti costi umani, sanitari, sociali ed economici”.
Mentre il nuovo Patto è ora al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio europeo che lo ha messo all’ordine del giorno nel prossimo incontro dei ministri dell’Interno del 14 dicembre, le organizzazioni firmatarie si appellano ai governi europei e agli europarlamentari affinché sappiano trarre insegnamento dalle esperienze fallimentari del recente passato. “Si rendono oggi necessari sia un’efficace ed equa ridistribuzione dei richiedenti asilo tra i Paesi europei, sia protocolli di valutazione delle domande di asilo tempestivi ed esaustivi. È tempo che l’Ue abbandoni il modello dei megacentri-hotpsot, scegliendo di promuovere politiche per favorire l’accoglienza in strutture di piccole dimensioni, ben integrate nel contesto sociale, dotate di servizi adeguati, sicure e dignitose con un appropriato accesso all’assistenza medica e psicologica, capaci di favorire una reale inclusione a beneficio dei rifugiati così come delle società che li accolgono”.