Nel 2018 operano in Italia 2.552 gestori di servizi idrici, 305 in meno rispetto al 2015, ma la gestione è ancora “fortemente frammentata”. Lo segnala l’Istat nel censimento delle acque per uso civile relativo all’anno 2018, diffuso stamani. I prelievi di acqua per uso potabile sono in calo per la prima volta negli ultimi vent’anni (-2,7% rispetto al 2015). L’87% del volume movimentato nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile è gestito da enti specializzati. Assente il servizio pubblico di fognatura in 40 comuni, soprattutto nel Mezzogiorno. La rilevazione segnala un aumentano delle perdite idriche in distribuzione: sono il 42,0% del volume di acqua immesso in rete. “Sebbene le perdite abbiano un andamento territoriale molto variabile, l’infrastruttura di rete è meno efficiente nei distretti idrografici della fascia appenninica e insulare. I valori più alti si rilevano nei distretti Sardegna (51,2%) e Sicilia (50,5%), seguiti dai distretti Appennino centrale (48,4%) e Appennino meridionale (48,0%); quasi in linea con il dato nazionale il distretto Appennino settentrionale (42,1%). Nel distretto del fiume Po l’indicatore raggiunge, invece, il valore minimo, pari al 31,7% del volume immesso in rete; poco inferiore al dato nazionale anche il distretto Alpi orientali (40,3%)”.
Stimati in 215 i litri di acqua potabile erogati ogni giorno per usi autorizzati nelle reti comunali di distribuzione. Nel 2015 erano 220. Sono, invece, 18.140 gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane censiti. I comuni senza servizio pubblico di depurazione sono 339. Interessano circa 1,6 milioni di residenti.