Una sospensione “ingiustificata” che “impedisce ai minori coinvolti il proseguimento dei percorsi di risanamento fisico e psicologico già avviati nel nostro Paese”. Con queste parole le famiglie italiane che ospitano bambini bielorussi, nell’ambito dei progetti solidaristici post-disastro nucleare di Chernobyl, definiscono in un comunicato, arrivato anche al Sir, il blocco dei Progetti che da oltre 30 anni rappresentano il fiore all’occhiello della solidarietà italiana. Il blocco – fanno sapere le famiglie – è stato “disposto fin dal mese di Marzo 2020 dal Ministero titolare, a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19” e persiste “nonostante sia oggi presente un Protocollo sanitario ad hoc stilato dal Ministero della Salute, con il coinvolgimento del Comitato Tecnico Scientifico”. Le famiglie fanno poi notare che si tratta di “progetti specifici limitati nel tempo e che tali progetti siano economicamente a totale carico delle famiglie italiane accoglienti”. “La discriminazione nei confronti dei bambini bielorussi – aggiunge la nota – si è resa ancor più palese nell’ultima estate, quando analoghe accoglienze, per il solo fatto di essere interne alla UE, nel caso particolare dalla Lituania, hanno avuto l’opportunità di continuare, per il solo fatto che sono potute avvenire senza necessità di passare per l’approvazione ministeriale. Tale situazione sembra dimostrare che la motivazione del blocco non sia stata la pandemia ma, paradossalmente, la negazione dei diritti dei bambini perché cittadini con passaporto extra-Schengen”. L’appello si rivolge pertanto al Garante per i diritti dell’infanzia e adolescenza della Regione Lazio, chiedendo quanto prima l’intervento del Garante Nazionale per i diritti dell’infanzia e adolescenza, “affinché le aiuti a tutelare il superiore interesse dei minori, pesantemente discriminati da un insensato blocco”.