“Credo che molte comunità diocesane e parrocchiali abbiano cercato di riflettere sui testi del Concilio plenario sardo e di realizzare il rinnovamento, almeno in tanti settori pastorali, ma certo si poteva e si potrebbe fare di più. Non tutte le comunità hanno camminato con lo stesso passo, e neanche le istituzioni di coordinamento regionale, il cui potenziamento era uno degli scopi principali del Concilio”. Lo afferma mons. Pietro Meloni, vescovo emerito di Nuoro, intervistato sul nuovo numero de “Il nuovo cammino”, quindicinale di informazione della diocesi di Ales-Terralba. “A mio avviso è necessario chiedersi: quali erano le proposte del Concilio sardo? Gli Atti mostrano che nella scelta iniziale degli argomenti da trattare, tra le varie possibilità è stata percorsa la strada di affrontare il mare magnum di tutte le questioni principali della dottrina e della pastorale. Questa scelta di campo – afferma Meloni – non era nelle intenzioni di tutti i membri del Concilio, e neanche di tutti i sacerdoti, delle persone consacrate e dei laici impegnati. Ha prevalso però la preoccupazione di non dimenticare nessuna delle realtà della Chiesa”.
Aggiunge: “Molti proponevano invece che si scegliesse un’angolatura più specifica e circoscritta, scegliendo i temi più urgenti per la Chiesa in Sardegna che potevano essere, ad esempio, la religiosità popolare fra tradizione e rinnovamento, la realtà agro-pastorale, la violenza e la pacificazione, il coordinamento tra i diversi giornali e strumenti di comunicazione diocesani, l’accoglienza ai migranti e la loro integrazione”. “Come era accaduto per i Sinodi di altre diocesi, c’era in quel momento il timore che venisse trascurato qualche aspetto della pastorale. Fu scelta la prospettiva di trattare la dottrina e la pastorale globale”. “Domandarsi se il Concilio è stato attuato significa riconoscere che in molti settori della vita ecclesiale non c’è stato un efficace cammino di rinnovamento, anche se l’azione pastorale non si è fermata nelle comunità”.