“Purtroppo, i nostri timori espressi in quell’occasione si sono per lo più realizzati”. Così il cardinale di Sarajevo, Vinko Pulijc, aprendo questa mattina i lavori della assemblea plenaria della Conferenza episcopale della Bosnia-Erzegovina, ha ricordato le perplessità dai vescovi quando 25 anni fa sono stati firmati gli accordi di Dayton. “La situazione politica in Bosnia-Erzegovina non è risolta”: permangono numerose ingiustizie, non è raggiunta l’uguaglianza dei “diritti per ogni persona e l’uguaglianza di tutti e tre i popoli costituenti della Bosnia-Erzegovina”. In particolare i croati restano senza voce e “sono minacciati di estinzione totale”. E a questa delicata questione, sollevata più volte, “né la politica interna né la comunità internazionale” hanno dato ascolto. Nella sua prolusione il cardinale ha anche toccato il tema della legge sulla restituzione dei beni confiscati, la cui “emanazione è sempre ritardata”, e che, nella bozza attuale, comunque è “una nuova ingiustizia legale nei confronti dei proprietari la cui proprietà è stata alienata”; la stessa lentezza da parte delle istituzioni pubbliche Pulijc ha denunciato in merito “all’assicurazione sanitaria e pensionistica dei sacerdoti”. A preoccupare il cardinale, nel contesto sociale, “l’apparire di comportamenti aggressivi in famiglia, per strada e a scuola”; l’“immoralità in ambito pubblico” considerata sempre più come “normale, specialmente quando si tratta di violenza contro donne o bambini”.