“Non basta sapere che il Signore verrà: occorre prepararsi all’incontro perché non ci colga di sorpresa. Ciascuno ha un suo compito, da assolvere senza lasciarsi dominare dal sonno. Ma l’atteggiamento della vigilanza deve essere di tutti”. Lo ha sottolineato ieri l’’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, nell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica che ha presieduto in occasione della prima domenica di Avvento.
“Il ritorno di Cristo Signore alla fine dei tempi – ha ammonito – non è una promessa ingannevole, bensì il naturale compimento della chiamata alla comunione con lui, quella comunione che ha segnato la nostra vita dal momento che lo abbiamo incontrato”.
Ricordando quanto affermato dal profeta Isaia che descrive un uomo “indurito nel cuore e ribelle”, il porporato ne ha evidenziato la “forte attualità anche in questo nostro mondo, in cui dominano pensieri confusi, inariditi dalla privazione della dimensione della trascendenza ed esitanti di fronte all’identità della persona umana”. “L’attualità – ha proseguito – è ancor più accentuata dai giorni di pandemia che stiamo vivendo, una tempesta, come l’ha definita Papa Francesco, in cui è importante non perdersi ma avere un sicuro riferimento nel Signore, nostra Roccia”. E, rifacendosi all’esortazione “Vegliate!” contenuta nella pagina evangelica, Betori ha evidenziato che “ciò che preoccupa Gesù è il venir meno della tensione, l’ottundimento dei cuori, l’annebbiamento dello sguardo”. “Perché ciò non accada – ha osservato – Egli ci ha donato dei segni che sono l’anticipazione del futuro: la sua Parola, l’esperienza della carità, il sacramento con cui si comunica a noi nel mistero”.