Garantire l’offerta sanitaria psichiatrica in tutto il dipartimento, continuare a seguire utenti ad alto carico assistenziale, garantire assistenza domiciliare per situazioni di emergenza-urgenza e ricoveri in condizioni di sicurezza sanitaria in Rems e Spdc (Servizi psichiatrici di diagnosi e cura), erogare attività in remoto anche attraverso gruppi self help e assistenza psicologica h24 sul numero verde. A condividere le difficoltà e le sfide di gestire l’epidemia Covid nei servizi per la salute mentale è lo psichiatra Giuseppe Nicolò, direttore del Dipartimento salute mentale e dipendenze patologiche Asl Roma 5, alla seconda sessione del convegno Cei “Chiesa italiana e la salute mentale 4. Pandemia Covid-19. Effetti sul benessere mentale e relazionale” in corso in modalità online. “Nella prima fase non vi era alcuna preparazione ad affrontare situazioni che richiedessero biocontenimento”, premette Nicolò, “né sono state direttive su come affrontare la problematica. Tutto quello che in sanità era stato realizzato male in tempi normali, sia in termini organizzativi che strutturali, ha messo in evidenza i limiti del sistema”. In psichiatria, spiega, la gestione emergenza Covid “ha messo insieme l’incertezza dell’approccio al Covid con l’incertezza insita nel disturbo mentale” Nel suo Dipartimento – 460 operatori con 15mila utenti in carico – si sono tuttavia garantite le emergenze e le urgenze; le visite domiciliari sono avvenute con tute, mascherine e visiere. Per il ricovero in Spdc di casi sospetti, il problema maggiore è stato “l’isolamento di pazienti non collaborativi” In assenza di stanze idonee. Tra gli adolescenti seguiti su Zoom, si è inevitabilmente riscontrato un peggioramento dell’isolamento sociale. Oltre 1000 le chiamate al numero di emergenza; aumentato tra i pazienti l’uso di alcol.