“Mai avremmo immaginato una situazione come quella che stiamo vivendo. Sapevamo che le malattie sono nostri compagni di viaggio nel cammino della vita, ma che un’epidemia potesse sconvolgere le nostre vite era al di là di ogni immaginazione”. Esordisce così il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, nel suo saluto al convegno “Chiesa italiana e la salute mentale 4. Pandemia Covid-19. Effetti sul benessere mentale e relazionale” promosso oggi in modalità virtuale dall’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della salute e dal Tavolo nazionale sulla salute mentale costituito da tempo presso la Cei, in collaborazione con Aippc e Ipp,
“Questa pandemia – ha osservato mons. Russo – sta mettendo a dura prova la nostra esistenza fisica e il nostro equilibrio mentale. Ci sono però categorie a rischio di sconfinare in vere e proprie patologie: penso ai poveri, alle famiglie che si sono ritrovate a dover assumere ruoli diversi e complessi, ai bambini e agli anziani, ai giovani che devono stare insieme agli altri per apprendere e crescere, ai tanti che hanno perso il lavoro”. Da mons. Russo “un’attenzione speciale a coloro che hanno già disturbi mentali: che non avvenga che siano i primi ad essere emarginati e scartati dalle cure necessarie”. “Anche noi – ha aggiunto -, nella prima fase della pandemia, ci siamo smarriti prima di comprendere come comportarsi e che cosa fare. Siamo nati per essere felici; perciò nei momenti di sofferenza ci chiediamo subito perché? che cosa vuol dire tutto questo? C’è una lezione da apprendere? Nessuno cerca il dolore e la sofferenza, e non possiamo neppure dire che la pandemia sia un’opportunità. Sarebbe un’offesa per chi soffre e per chi non ce l’ha fatta”. È vero però “che ogni momento della vita è un’opportunità e pertanto un’occasione di cambiamento, ma migliora solo chi vuole davvero cambiare”.
“Da quando si è scatenato il Covid-19 ci sembra di vivere in un film, tanto è surreale la situazione, ma siamo consapevoli che siamo nel mondo reale e dobbiamo starci in modo attivo”, ha rilevato ancora il segretario generale Cei . Di qui l’esortazione conclusiva: “Continuiamo a chiederci perché accade questo; la nostra domanda può trasformarci subito in un’invocazione: Signore soccorri i tuoi figli affinché possiamo capire ogni giorno come vivere quella prossimità che ti rende presente e in mezzo a noi attraverso i gesti della misericordia ai quali quotidianamente ci chiami”.