“Nell’occasione della ricorrenza della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, avverto una certa insofferenza, una quasi retorica, per cui siamo ancora condannati a ricordare qualcosa dai contorni ridondanti ma che, alla luce di quanto viviamo, acquisisce un senso dolorosissimo. Appare retorico, poiché non si dovrebbe impiegare del tempo a ricordare qualcosa che non dovrebbe esistere nelle intenzioni umane”. A sostenerlo, in una nota appena diffusa, è mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio, con riferimento alla ricorrenza di ieri. Esprimendo dolore per i continui episodi di violenza sulle donne, il presule avverte: “Non ci si può sentire esclusi. Se ci tirassimo fuori dalla riflessione su questo tema, risulteremmo complici, col silenzio, di quella barbarie che è sempre più sotto ai nostri occhi e che non può renderci ciechi”. “La storia del mondo – prosegue – è una storia che in più epoche e con modalità differenti, ha vilipeso la donna, ne ha offeso il corpo e l’anima, ne ha tradito il coraggio e la determinazione. Ci ha ricordato Papa Francesco che è ‘da come trattiamo il corpo della donna che comprendiamo il nostro livello di umanità’, di quella umanità che non è fatta da eroi, ma da persone di senso, di tenerezza, di seduzione dell’anima, rispetto anche dell’anima. Ricordiamoci inoltre che è violenza anche l’offesa, la superficialità ed il non amore. Quanto è violento il non amore, il dare per scontato, l’irriconoscenza, la messa in piazza di una intimità condivisa”.
Spesso, “è violenza anche quel silenzio che cela l’omertà della non denuncia. Allora reimpariamo la grammatica del rispetto”. Nel richiamare celebri figure femminili, tra cui Giovanna d’Arco, Artemisia Gentileschi e Madre Teresa di Calcutta, mons. Savino conclude: “Mi sento di essere gli occhi di tutte le donne che soffrono per aver amato troppo, per aver sentito troppo, per aver investito troppo, forse, per aver sognato troppo, rimanendo vittime del disincanto violento degli uomini e dell’invidia di altre donne. Che non sia, retoricamente un giorno di memoria, ma un nuovo passo di storia della civiltà”.