“Libera i tuoi prigionieri”: è il titolo del primo rapporto sui cristiani ingiustamente detenuti per la loro fede diffuso oggi da Aiuto alla Chiesa che soffre, la fondazione di diritto pontificio nata nel 1947 per sostenere la Chiesa in tutto il mondo, con particolare attenzione laddove è perseguitata. Il rapporto sull’ingiusta detenzione dei cristiani, spiega Acs in un comunicato, “esamina sia l’azione dei governi sia quella delle organizzazioni estremiste. Gli scenari descritti comprendono le prigionie per motivi di coscienza, le detenzioni arbitrarie, i processi ingiusti, le condizioni carcerarie inadeguate, i casi di tortura e la pressione per indurre ad abbandonare la fede”. A riguardo è significativo il fatto che la prefazione porti la firma di Asia Bibi, la donna pakistana simbolo internazionale dell’ingiusta detenzione causata dall’avversione al cristianesimo. Dal Rapporto emerge che “ogni mese, nei 50 Paesi più a rischio, si stima venga imprigionata ingiustamente una media di oltre 300 cristiani”. Tra i Paesi più colpiti l’Eritrea, il Myanmar, “la Nigeria dove ogni anno più di 220 fedeli vengono rapiti e imprigionati ingiustamente da gruppi di miliziani jihadisti; il Pakistan dove annualmente si verificano circa 1.000 casi di conversioni forzate di ragazze e giovani donne cristiane e indù; l’Egitto dove giovani donne cristiane copte vengono rapite e costrette a sposare i loro rapitori non cristiani”. Particolarmente critica la situazione in Cina – dove “tra il novembre 2018 e il 31 ottobre 2019, sono stati imprigionati senza accusa 1.147 cristiani a causa della loro fede: il 30% dei fedeli ingiustamente detenuti in tutto il mondo” – e in Corea del Nord dove si stima “vi siano circa 50.000 cristiani nei campi di lavoro, cioè quasi il 50% del totale dei detenuti in queste particolari e drammatiche condizioni. In Eritrea sarebbero più di 1.000 i fedeli cristiani ingiustamente detenuti. Il rapporto è corredato da venti “casi di studio” che raccontano la vita di singoli perseguitati, di gruppi o di intere comunità oppresse. Nel Rapporto viene ricordato, tra le figure di rapiti, anche padre Paolo Dall’Oglio, scomparso a Raqqa, in Siria, il 29 luglio 2013: “poche persone si sono occupate di libertà religiosa quanto il gesuita, pochi hanno sofferto più di lui per le proprie convinzioni”. Padre Dall’Oglio è uno dei cinque sacerdoti – tra cui due vescovi – rapiti da Daesh (Isis) in Siria nel 2013: “uomini di fede di cui non si conosce il luogo di detenzione né è dato sapere se siano morti o ancora vivi”.