Una giornata nazionale di preghiera è stata indetta per domenica 22 novembre in Svezia “a causa della pandemia del coronavirus che infuria nel Paese e nel resto del mondo”, si legge sul sito della diocesi di Stoccolma. È una iniziativa sostenuta dal card. Anders Arborelius, che nasce dal fatto che “la diffusione del contagio è aumentata bruscamente e i bisogni sono grandi”. In quel giorno, “tutti i cristiani sono invitati pregare perché “si fermi la pandemia, si trovino le cure per la malattia, chi ne è colpito abbia forza ed energia, chi piange trovi conforto” e infine “più persone abbiano una relazione personale con Gesù Cristo”. Intanto le Chiese svedesi, attraverso il Consiglio che le riunisce, hanno scritto al ministero della giustizia in merito al “divieto di tenere riunioni pubbliche ed eventi pubblici con più di otto partecipanti” che entrerà in vigore il 24 novembre, in cui esprimono una serie osservazioni tra cui la richiesta di deroghe per permettere che 20 persone possano partecipare ai funerali, che “le attività dei bambini e dei giovani delle Chiese seguano le stesse eccezioni generali che si applicano agli sport per bambini e giovani”. Si chiede anche che le Chiese possano continuare a prendersi cura dei senzatetto (circa 33mila in Svezia) e dei più emarginati: c’è bisogno di poter “accogliere molte persone che si trovano in situazioni difficili”, di rendere “disponibili locali in modo che le persone possano riscaldarsi o mangiare un pranzo al sacco al chiuso: è una cosa che vogliamo continuare a fare”.
Riguardo alla partecipazione alle celebrazioni è da tenere presente che “spesso sono visitatori regolari e quindi conosciuti tra loro”, a differenza di un concerto pubblico. E poi c’è la questione economica: “i costi che le chiese devono sostenere non diminuiscono quando sono assenti i proventi delle raccolte, degli affitti e delle attività commerciali condotte dalle parrocchie”. “Le chiese vogliono continuare a seguire le linee guida delle autorità in relazione al Covid-19” e si assumono la responsabilità di limitare la diffusione del contagio, insieme a quella di “poter continuare le loro attività”.