“La crisi da coronavirus ha molti effetti e conseguenze di vasta portata: una società dei consumi, costantemente alla ricerca di una crescita ancora maggiore, è finita fuori strada. La nostra fragilità umana e la nostra transitorietà sono messe a nudo: non tutto è possibile, fattibile e senza limiti. La pandemia ci costringe personalmente e come società a confrontarci anche con la morte, perché la morte appartiene alla vita”. Lo ha affermato ieri il vescovo di Bolzano-Bressanone, mons. Ivo Muser, durante la celebrazione eucaristica che ha presieduto in duomo per la solennità di Ognissanti. Nell’omelia, il vescovo ha sottolineato che “la fede cristiana ha un messaggio decisivo da offrirci: la via redentrice non consiste nel fuggire e nel rimuovere la realtà della morte ma nell’accettarla, perché la fede cristiana proclama la vita eterna come possibilità reale per tutti”. Questa fede, ha spiegato il vescovo, “si fonda sulla risurrezione di Gesù, è la fede pasquale della vittoria della vita sulla morte, che i cristiani sono chiamati a raccontare al mondo: possiamo vivere, lavorare, amare e gioire della vita qui e ora, e possiamo morire con fiducia perché siamo stati risvegliati alla vita eterna”. “Questo messaggio – ha proseguito mons. Muser – ci dice che non dobbiamo permettere che la pandemia ci paralizzi. La fede nella risurrezione dei morti e nella vita eterna ci dà speranza e ci rafforza”.
Riferendosi poi all’attuale emergenza sanitaria in Alto Adige, il vescovo ha sottolineato che “quest‘anno le commemorazioni sono un momento importante che rende collettivo quello che non è solo un dolore privato, ma di un’intera società ferita dal virus”. “Un dolore – ha osservato – che può produrre nella nostra comunità una nuova consapevolezza, un senso civico di responsabilità forte e di solidarietà reciproca, oggi indispensabili. Perché purtroppo il virus è ancora molto presente, e nessuno si salva da solo”.
Al termine della celebrazione il vescovo si è recato al cimitero comunale di Bolzano dove ha benedetto le tombe.