Sul sito della diocesi di Utrecht (Paesi Bassi), sono state pubblicate alcune interessanti “Preoccupazioni pastorali per le parrocchie durante la pandemia di coronavirus” con una “serie di suggerimenti che si spera siano utili durante questa seconda ondata (e oltre)”. Per le celebrazioni in streaming si raccomanda che “abbiano un’immagine nitida e un buon audio”: poiché si chiede che queste restino attive anche dopo che sarà finita la pandemia “per le persone che non possono andare in Chiesa”, il suggerimento è di “investire subito in buone attrezzature” e coinvolgere i giovani nel “supporto tecnico”. Sono poi a disposizione materiali predisposti dalle parrocchie per aiutare a “celebrare effettivamente”, seppur guardando attraverso lo schermo e per coinvolgere i più piccoli. Si suggerisce che “l’impegno digitale della parrocchia non si limiti alle celebrazioni del fine settimana”: recitare insieme il rosario, guidare una giornata di ritiro, catechesi settimanali sono delle possibilità. Tutto questo “non può mai sostituire gli incontri fisici, ma i momenti online possono anche essere un’aggiunta all’offerta della parrocchia di essere missionari dopo la crisi”.
Si pensa già al Natale quando non sarà probabilmente possibile che le chiese si riempiano come di solito: occorrerà “moltiplicare” le celebrazioni natalizie, perché “quante più persone possibile abbiano l’opportunità di celebrare l’Eucaristia a Natale”. E si consiglia anche di organizzare un’attività all’aperto a Natale, come un “percorso dei presepi”. Si suggeriscono poi “newsletter (digitali) per informarsi, ispirarsi e incoraggiarsi a vicenda durante la settimana”; a tenere aperte le chiese durante il giorno, organizzando “momenti di preghiera silenziosa, ad esempio l’adorazione eucaristica”, sempre secondo il numero massimo di fedeli consentito. E poi si raccomanda di vigilare sulla solitudine dei parrocchiani, con telefonate e biglietti per quelli che “altrimenti restano fuori dai giochi” e di pensare modi extra per rimpolpare le banche alimentari “che ricevono molto meno cibo a causa della crisi”.