“Sono tutti mezzi che le autorità usano per fare pressione sulla Chiesa perché la nostra voce è la voce della verità e la verità non piace al nostro governo”. Raggiunto telefonicamente dal Sir, è il vicario generale dell’arcidiocesi di Minsk-Mogilev, mons. Yuri Kasabutsky, a raccontare cosa è successo ieri quando insieme al capo del Dipartimento di informazione sinodale della Chiesa ortodossa bielorussa, padre Sergius Lepine, sono stati convocati dalla Procura generale. “Ci hanno consegnato dei documenti che affermavano che i nostri discorsi, le nostre parole contro le violenze e la morte delle persone sono notizie sbagliate ed affermazioni estremiste che non possiamo assolutamente dire visto che a parere delle autorità, nel nostro Paese non c’è violenza. Ma la verità è che c’è molta violenza per le strade ed è una violenza perpetrata da milizie e da gente che non ha cura della vita umana e sono contro il nostro popolo”. Non si placano dunque le proteste in Bielorussia che da 98 giorni continuano contro il presidente Alexander Lukashenko, dopo le contestate elezioni del 9 agosto. A rendere ancora più tesa la situazione è stata la morte di un giovane uomo di 31 anni Raman Bandarenka, avvenuta giovedì scorso in ospedale a Minsk, dopo un pestaggio subito dalle forze di sicurezza, stando alle voci dell’opposizione e secondo anche un Rapporto di Amnesty International. Il giorno dopo il vescovo Kasabutsky ha celebrato una messa in suo suffragio nella Cattedrale del Santo Nome di Maria a Minsk. Secondo quanto si legge su catholic.by (sito ufficiale della Conferenza episcopale bielorussa), alla Procura generale non è piaciuto anche un post che il vescovo Kasabutsky aveva pubblicato su Facebook: “Violenza, tortura, disprezzo della vita umana, aggressione verso cittadini pacifici del nostro Paese”. “L’arresto di molti cittadini dovrebbe intimidire il popolo. E invece queste repressioni ci rafforzano, ci incoraggiano a pregare per la nostra Nazione, ci danno coraggio…Che Dio ci dia la grazia di cui abbiamo bisogno, per superare questa prova”. Secondo l’Ufficio del Procuratore Generale, tali dichiarazioni “aumentano deliberatamente il livello di tensione nella società, incitano all’odio contro i funzionari governativi, comprese le forze dell’ordine e, di conseguenza, l’ostilità verso questi gruppi sociali”. Da qui, il richiamo al vescovo. “Stiamo pregando”, dice oggi al Sir mons. Kasabutsky ricordando subito che è da fine agosto che “il nostro metropolita l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz ancora non può tornare nel nostro Paese. Lui è un cittadino bielorusso ma non può fare rientro”. E, riguardo alla convocazione di ieri, aggiunge: “quanto abbiamo vissuto è stato sostenuto dalle preghiere dei nostri fedeli, cattolici, ortodossi, protestanti. Abbiamo ricevuto molti messaggi di solidarietà. Credo che stiamo cominciando a sentirci come una Nazione. E questo evidentemente dà fastidio al regime che continua quindi a volerci chiudere la bocca”. Poi, il vicario generale di Minsk lancia un appello: “Pregate per noi. Questa preghiera per noi è importante e necessaria. Sappiamo la vostra solidarietà. Sappiamo che in molti paesi europei, si è pregato e manifestato per il popolo bielorusso. In Italia, a Roma, in Francia. Queste preghiere e questa solidarietà ci dicono che non siamo soli. E questa preghiera sta facendo miracoli”.