A Oslo non si possono più celebrare le messe, ma le chiese restano aperte. Per il resto del Paese, è obbligatorio prenotarsi per andare a messa, dando nome e cognome e numero di telefono per rendere possibile la tracciabilità dei contatti, perché anche in Norvegia la seconda ondata della pandemia si fa sentire. I focolai principali a Oslo, Bergen e Drammen; sotto controllo un’altra quarantina di focolai minori. Secondo lo studio settimanale che l’Istituto norvegese di salute pubblica rende noto ogni mercoledì, la scorsa settimana i casi sono stati 3.891, con un aumento del 24% (nelle due precedenti, a cavallo tra ottobre e novembre, la crescita era stata dell’80%, con oltre 6mila nuovi contagi alla settimana). I casi sono cresciuti tra tutte le fasce d’età ma l’aumento più significativo (+75%) si è registrato nella fascia 13-19 anni. Negli ospedali sono arrivati 81 pazienti Covid (un aumento del 50% rispetto alla settimana precedente e il numero più alto da aprile), di cui 12 in terapia intensiva; sei i decessi. Sempre secondo i dati dell’Istituto, il 37% dei contagiati erano immigrati, così come il 54% dei pazienti ricoverati (gli immigrati sono il 15% della popolazione norvegese). Il governo ha introdotto divieti e raccomandazioni su base regionale. Alle scuole superiori e università è stato chiesto di prepararsi alla chiusura, là dove i numeri del contagio sono più alti.