“Da qualche giorno la Calabria si è svegliata con la lettera scarlatta sul cuore. Rossa, zona rossa. Un marchio che ha più il sapore della vergogna, del disincanto, del sonno della ragione, di anni di incerte gestioni politiche e gravi violenze sociali, di fame e sogni spezzati, che di un giudizio sulla realtà”. Lo scrive mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e delegato Cec per il Servizio della salute, sull’attuale stato della situazione sanitaria in Calabria. Riconoscendo che “nella regione, l’attuale quadro pandemico sollecita l’adozione di nuove policy a medio e lungo termine”, il presule auspica “un riesame del piano della rete ospedaliera, un rilancio dei servizi socio-sanitari territoriali, una più efficace gestione dei processi di integrazione ospedale – medicina territoriale”.
Nella sua dichiarazione, mons. Savino ricorda inoltre che “gli ultimi dati sulla sperimentazione del nuovo Sistema nazionale di garanzia dei Livelli essenziali di assistenza, condotta dal Ministero della Salute e dalle Regioni, rilevano che la Calabria è inadempiente nel garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria”. Soffermandosi sulla rete ospedaliera, il vescovo ribadisce che “sarà necessario adoperarsi per una più efficace revisione dell’attuale rete ospedaliera per acuti, in ragione di storiche criticità quali gli interventi fuori regione”. “Penso alla necessità, ad esempio, di risorse allocate ‘con criterio’ in competenze specialistiche, risorse tecnologiche e specifici investimenti in percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, con particolare riferimento alla rete oncologica”.
Per affrontare la curva epidemiologica dei prossimi giorni, secondo il vescovo, “sarà fondamentale implementare ulteriori 136 posti letto di terapia intensiva e 134 di terapia semi-intensiva; quindi la realizzazione di un Centro Covid regionale e la conseguente individuazione di Covid Hotel, finalizzati a minimizzare la trasmissione del virus sia fra la popolazione generale, sia all’interno dei nuclei familiari, in particolare quelli con persone fragili”. “Sarà altresì opportuno implementare un numero di Usca (Unità sanitarie di continuità assistenziale) proporzionale alla situazione di bisogno”.