La “Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto”, meglio nota come Commissione di Venezia, ha pubblicato oggi una relazione intermedia “sulle misure prese dai Paesi Ue in relazione alla crisi Covid e il loro impatto sulla democrazia, lo stato di diritto e i diritti fondamentali”. Si tratta di un interessante studio che esamina come i Paesi europei si sono attivati per affrontare la crisi sanitaria. Che si sia trattato di stato di emergenza o meno, “tutte le azioni intraprese dai Paesi hanno avuto un impatto maggiore o minore sullo stato della democrazia, sullo stato di diritto e sui diritti umani”. Lo studio, richiesto dal Parlamento europeo, si muove attorno a quattro aree principali, ciascuna poi con specifiche articolazioni: checks and balances, controllo parlamentare, durata delle misure di emergenza e elezioni durante il tempo di emergenza. Durante la pandemia sono 9 Paesi Ue ad aver dichiarato lo stato d’emergenza (Bulgaria, Repubblica ceca, Finlandia, Estonia, Ungheria, Lussemburgo, Portogallo, Romania e Spagna); in due Paesi lo stato di emergenza è stato dichiarato dai parlamenti (Bulgaria, Portogallo) e in sette lo ha fatto il governo (Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Lussemburgo, Romania, Spagna), mentre cinque lo hanno dichiarato in base alle loro leggi ordinarie (Francia, Germania, Italia, Lettonia e Slovacchia). Sono 14 i Paesi a non aver dichiarato lo stato di emergenza “de jure” (Austria, Belgio, Croazia, Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Svezia e Regno Unito). Nel rapporto emerge, tra l’altro che “durante la crisi del Covid-19, i parlamenti degli Stati membri dell’Ue sembrano essere stati relegati a un ruolo secondario”: alcuni parlamenti hanno sospeso completamente le loro attività, cedendo quasi tutti i poteri al governo (Cipro, Repubblica Ceca), altri hanno “modificato alcune delle loro procedure, ma continuato con le loro normali funzioni” (Austria, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia, Svezia); altri ancora “hanno sospeso le loro attività ordinarie e si sono concentrati solo sulla revisione delle attività relative al Covid-19 (ad esempio Bulgaria, Grecia). “Il ruolo del parlamento è stato ridotto a un forum”, ad esempio, in Italia (che il rapporto cita insieme a Finlandia, Spagna e Belgio).